Come in uno spezzone di The Truman Show. Ogni singolo giorno nonna Maria scende in cantina, le mani nodose appoggiate sui fianchi. Vorrebbe provare ad arrabbiarsi, ma non riesce a celare quell'espressione benevola. La sequenza è sempre la stessa: Lorenzo sta prendendo a pallinate il muro, un modo creativo per mettere alla prova i suoi riflessi. La pazienza di nonna è monumentale. Immaginate la scena: un ragazzino che prova il servizio, il dritto e il rovescio praticamente dentro casa, mettendo a dura prova i nervi di tutti. Però quella roba lì è il primo indicatore di una passione destinata, irrefrenabile, a sbocciare.
Lorenzo Musetti, del resto, possiede la perseveranza congenita dei carraresi. Innaffiatela con generose dosi di talento e il risultato sarà un ventenne che solleva il suo primo Atp contro un altro, Carlos Alcazar, che è già stato etichettato come il futuro feroce dominatore del tennis mondiale. Nell'attesa che il fenomeno iberico esploda definitivamente, imponendo con draconiana irruenza la sua legge, i nostri (anche Sinner prima di Lorenzo) lo stanno facendo sanguinare. Il successo ad Amburgo è un prodigioso acceleratore per la sua carriera: tanto per cominciare, lo ha spinto in avanti di qualcosa come 31 posizioni nel ranking (dalla sfumata casella n° 62 alla 31, miglior piazzamento). Ma, molto oltre il ruvido dato numerico, il match di ieri ha lasciato impressa l'idea di un talento che racconta un potenziale se possibile superiore rispetto a quello dei suoi connazionali. Non è un caso, del resto, se Pietrangeli lo ha designato suo erede.
Quello che spiazza di Musetti è senz'altro l'impudente creatività. Lo sa bene Simone Tartarini, un tizio dai modi arcigni ma efficaci, che è rimasto in sella fin dal loro primo incontro a La Spezia. Il tennis club di Carrara, primo passo di un percorso luminoso, non poteva bastare. Il decollo arriva con il mister che dopo la vittoria - sballottato e commosso - ha dichiarato: "Lorenzo ha aggredito la palla, è stato più in campo. Non ha mai avuto un atteggiamento conservativo e questo lo ha premiato. Lui esce dai canoni. Non c'è da cambiargli il gioco, la sua creatività va salvata". Gli occhi acquosi di ieri sono una bella rivincita anche per lui, discreto mestierante mai assurto al grado di professionista: "Uno così non può allenare il miglior talento in circolazione", ciarlavano gli invidiosi. Touchè. Le ultime lacrime che avevano rigato il viso di gioia erano scese in concomitanza con il trionfo agli Australian Open Juniores, scriminatura storica che aveva mandato in cortocircuito gli osservatori: "La nascita di una stella", era il senso comune dei titoli che campeggiavano in prima pagina il giorno seguente. Non c'erano andati affatto lontani.
La crescita di Lorenzo è sempre stata scrutata con occhio lucido dai genitori, Francesco e Sabrina. Ieri hanno seguito la finale da due posti diversi, perché quando serve vincere anche la cabala diventa fattore determinante. Loro ci sono sempre stati, anche quando la strada verso il futuro si è ingrigita d'un tratto, punteggiandosi di buche profonde. Succede quando giochi al Roland Garros e vai in vantaggio di due set contro Djokovic, ma poi vieni rimontato. Una sberla che è stata superata anche grazie ad un accurato supporto psicologico. Una mini crisi dalla quale Lorenzo è riemerso, magari pompando nelle orecchie uno di quei dischi che papà gli faceva ascoltare da bambino: da Battisti agli Stones, perché un'anima educata sa maneggiare meglio i punti vulnerabili e i pezzi forti. La vittoria di ieri è dedicata a loro e a nonna.
Adesso di corsa
a Umago, per provare a ripetersi. Il tempo per sollazzarsi non c'è, ma in fondo va bene così. Quel vecchio adagio torna buono: "Vincere aiuta a vincere". Qualcosa di cui è impossibile annoiarsi, anche diventasse un loop.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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