Dietro il trionfo di Alonso questa volta c'è tanta Ferrari

Capolavoro dello spagnolo, ma Maranello in Cina ha dato il massimo. Fernando, 31 vittorie come Mansell. E sembra tornato quello del debutto

Dietro il trionfo di Alonso questa volta c'è tanta Ferrari

Una grande macchina. E un grande pilota. Non più solo e soprattutto un grande Alonso. Perché siamo qui a festeggiare il ritorno al successo dello spagnolo un po' sbiadito del finale 2012 e dell'inizio 2013, il pilota pasticcione del pronti e via malese che stavolta ha fatto gara perfetta ma l'ha fatta meno in solitudine che in passato. Qui sta la differenza. Perché a Shanghai era in compagnia di una grande Ferrari. Per cui vien più facile gioire e regalargli lodi e salve di bene, bravo, bis nonostante certi errori di Sepang, nonostante atteggiamenti mica sempre belli, nonostante certe battute all'indirizzo di Massa mica sempre carine. Bene bravo e bis perché senza una grande Ferrari e un'ottima strategia del muretto, non sarebbe stato lì con tanta sicurezza e autorità. Bene, bravo e bis perché - e diciamolo una buona volta - non è un trionfo solo o soprattutto figlio del suo enorme talento. No, questa volta non è come nella passata stagione, in cui la manifesta inferiorità tecnica della Rossa aveva spinto tutti, dal team stesso alla critica, a esaltare solo e soprattutto il campione iberico.

No. Ora c'è lui, e c'è tanto, ma c'è molta Ferrari F138. Gli uomini di Domenicali avevano promesso di portare in Cina il primo step evolutivo aerodinamico e così è stato. Estrattori, flap anteriori, tutto ha funzionato regalando a Fernando e Felipe una macchina migliore in qualifica e ancor più efficiente in gara. E poi, a rendere tutto più intenso, c'è la consapevolezza di tutto il lavoro fatto per tornare in vetta anche tecnicamente, c'è quel senso di recupero e rivincita che di questi tempi, in Italia, dà ossigeno, dà speranza, dà la certezza di poter riemergere. Ora Stefano Domenicali, di professione team principal e parafulmine ufficiale dell'intera squadra, può festeggiare con quell'orgoglio extra di chi sa che deve dire grazie al proprio pilota ma non così tanto come in passato. La differenza c'è, ed è importante. Anche pensando al futuro.

Quanto al presente, Alonso con la trentunesima vittoria affianca Mansell, passa dal sesto al terzo posto nel mondiale, a punti sei da Raikkonen (ieri 2°, 3° Hamilton) e nove da leader Vettel (ieri 4°). Felipe Massa, 6°, ha di nuovo ruggito quando far paura non conta e questo un po' dispiace. Come Fernando era partito bene sfruttando lo scatto congelato dell'algido Raikkonen, ma richiamato dopo il compagno per il primo pit ha perso tempo lì e una vita poi nel traffico e allora il morale probabilmente è finito negli scappamenti. Comunque sia ha toppato. Hamilton ha fatto la gara che doveva, sopperendo ai limiti, pochi ormai, della Mercedes e il suo podio conta parecchio nonostante scattasse dalla pole. McLaren su due soste contro le tre altrui e che faticaccia per Button 5°. Quanto alle bibite energetiche, Webber ha tamponato il cugino in Toro Rosso Vergne, è rimasto senza benza di sabato e senza ruota di domenica con rischio grande per gli altri e qui, suvvia, servirebbe parlare dello stress che vivono i meccanici nella formula gomma. Quanto a Vettel, ha regalato emozioni artificiali - era su gomme soft nuove - nel rush da fotofinish con Lewis.

Questi gli extra valori della vittoria ferrarista, questo il succo del Gp, che ha la sua perla nel dialogo fra Alonso e il suo ingegnere: «Non spingere più Fernando....», «Ma non sto spingendo».

Lo stesso scambio fra lo spagnolo e Cesare Fiorio, team principal Minardi, al primo test in F1, anno 1999. «Nei primi giri dava 4'' a tutti gli altri, lo richiamai ai box... datti una calmata, gli dissi, spingerai dopo...». «Ma non sto spingendo».
POLEmicamente

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