Molto bene. O meglio: molto male. Bene perché non ci sono stati motoscontri in pista e neppure vaffa e scuse e finte scuse e sfoghi e paure nel dopo gara. Male perché è andato in scena un gran premio di formula uno ma di quelli grigi grigi che neppure le strategie e pit stop animerebbero mai. Solo che di moto si tratta, di sgasate equilibriste, di pieghe, di accelerazioni e gravità violata, per cui di solito qualche sorpassetto adrenalinico alla fine viene fuori. Di solito. Stavolta no. Forse perché il primo Gran premio della storia dato praticamente in franchising a un pilota non può avere altri padroni. Per la sesta volta di fila, cioè da quando esiste il Gp delle Americhe, cioè da quando Marc Marquez corre in MotoGp, a conquistare pole e vittoria è il ragazzo spagnolo. Come se circuito e trofeo fossero di sua proprietà o di sua esclusiva gestione. È un caso unico: una corsa che dal sabato alla domenica, da sempre, ha un solo padrone. Anche quando il padrone ci arriva da imputato dopo i fattacci argentini con il Vale Rossi e dopo la penalità di tre posti in griglia ricevuta sabato per aver ostacolato Viñales in qualifica. Fattosta, partenza dalla terza piazza, finestrino abbassato, gomito appoggiato, e sguardo lungo giusto una manciata di curve rivolto all'ottimo Iannone e all'ottima Suzuki subito davanti. Poi, arrivederci e grazie. Gara finita.
Per cui bene. Anzi, male. Organizzatori, direttori, gestori del motomondiale, cioè gli ostaggi dei due campioni che più di tutti rappresentano il motomondiale, Marc e il Vale, saranno contenti. Anziché applicare regole con criterio, hanno iniziato a menare regole. Per cui anche l'errore di Marquez di sabato, quando involontariamente ha ostacolato Viñales, diventa reato da punire. Due settimane fa occhi troppo chiusi, ieri occhi troppo aperti. Risultato: gara stile F1, una manciatina di sorpassi tristi e il vincitore che conferma il concetto. «Stavolta non avevo la fiducia necessaria per mettermi a duellare con gli altri, per cui la mia strategia è stata una soltanto: partire il meglio possibile e andarmene via. Qui volevo la gara perfetta, però non mi è piaciuta perché sono stati troppi i giri da solo... Le polemiche? Sono umano, le ho sentite su di me, faccio tesoro degli errori e sotto pressione lavoro meglio».
Nel primo Gp di F1 del motomondiale, dietro a Marquez ecco Maverick Viñales con la prima Yamaha e Andrea Iannone con la Suzuki, di nuovo a podio dopo mesi ad alta attenzione da parte di tutti: per la storia d'amore con Belen e per il difficile adattamento alla nuova Suzuki. «Questa è la dimostrazione di cosa può fare un uomo che non molla, sono stati momenti difficili, tutti avevano tante aspettative su di me, ma io li avevo delusi, mi sembrava di esplodere, però alla fine ho reagito e sono tornato...». E in lacrime: «Sono stato più forte delle voci che la gente mi sputava addosso...». Iannone commosso e primo di un trio tutto italiano, davanti a Rossi e Dovizioso.
Il ducatista ha corso in difesa, regalato uno dei pochi sorpassi e cercato di limitare i danni («soffriamo su certe piste, così non basta per giocarci il mondiale...»). Torna primo nel mondiale, ma di un solo punto su Marquez. Molto bene. Anzi, molto male.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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