El Shaarawy, Klose & C. I fenomeni in astinenza

Il milanista, a lungo fermo, sfiora i 600 giorni senza una rete Il tedesco stenta. E Denis, Higuain e Palacio neppure di rigore

Pippo Inzaghi con Stephan El Shaarawy
Pippo Inzaghi con Stephan El Shaarawy

Digiuno: privazione protratta e penosa di qualcosa che si desidera. È una delle definizioni sui dizionari. Le accezioni possono essere infinite, ma nel calcio il digiuno per antonomasia è quello del gol. Perché la rinuncia forzata a quello per cui si è pagati può diventare insostenibile. In particolare per chi sulla carta d'identità ha scritto “professione: bomber”. E fa niente che ogni digiunante sia una storia a sé. Nella classifica marcatori del campionato ci sono assenti eccellenti. Le giustificazioni abbondano, ma c'è anche chi, come i tre argentini Denis, Higuain e Palacio, ha avuto l'occasione più grande per sbloccarsi, un rigore, ma l'ha buttata via.

In cima alla classifica c'è comunque Stephan El Shaarawy a un passo dai 600 giorni di digiuno in campionato: non segna dal derby del febbraio 2013, un'eternità. Però l'anno scorso di fatto non ha giocato. E in questa stagione è fermo a 173'. A Verona potrebbe tornare titolare e finire la fastidiosa dieta. Astinenza dunque che inganna quella del rossonero come quella di Rodrigo Palacio. Anche il nerazzurro, tornato malconcio dal mondiale in Brasile, ha più attenuanti che aggravanti: è stato appena due volte titolare, ha giocato in totale 183'. Stesso discorso per Mario Gomez, che tra un infortunio e l'altro vanta appena qualche minuto in più dei due “milanesi” e lo stesso imbarazzante, per lo status di cannoniere acquisito in carriera, zero alla voce gol fatti. E a fargli compagnia un altro tedesco, quel Miroslav Klose addirittura campione del mondo in Brasile.

Nomi doc con più attenuanti che aggravanti, ma il peso dell'astinenza è direttamente proporzionale a nome e cognome e curriculum. Chi se la passa peggio è Fernando Llorente, la contraddizione fatta gol. Ha giocato più del doppio rispetto alla sua prima stagione italiana, ma l'anno scorso di questi tempi aveva già timbrato il cartellino, una volta. Non che si fosse sprecato, ma se allora la scusa pronta era l'ambientamento, ora la colpa sono le quattro gare da titolare. Se il suo digiuno è più una questione personale perché comunque la Juve ha sempre vinto, per Gonzalo Higuain il discorso cambia. Il brutto inizio del Napoli spesso viene spiegato con l'inesistente finora incisività del Pipita: l'anno scorso viaggiava a più di un gol ogni due partite, ora è a secco dopo sei presenze.

Per tutti il gol è un fatto personale, ma per Bianchi e Denis diventa questione di coppia. Hanno giocato 600 minuti in due, ma sono ancora in bianco. L'Atalanta a un passo dalla zona retrocessione aspetta i loro gol come la manna dal cielo. Il mercato boccia Torino e Sampdoria, non essendo ancora pervenute le reti “nuove” di Amauri e Bergessio. Il Parma ha puntato sul cavallo di ritorno Belfodil, uno con il secondo digiuno più longevo perché tra Inter e Livorno l'anno scorso non l'ha mai messa. Nel Cagliari di Zeman stona lo zero di Ibarbo, più freccia che bomber.

Tutti con almeno una presenza da titolare e non meno di cento minuti giocati, ma a digiuno di gol.

Quando se ne discute si abusa di espressioni come reti mangiate e occasioni divorate. Espressioni da abbuffate. Ma il gol ribalta sempre tutto, fa passare dalle stelle alle stalle. E viceversa. D'altra parte è l'essenza, il giudizio del bomber.

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