Errani-Paolini, la medaglia è sicura

Azzurre in finale domani. Musetti finisce ko con Djokovic: oggi gioca per il bronzo

Errani-Paolini, la medaglia è sicura
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Chissà adesso come andrà a finire, ma sicuro per il tennis italiano non c'è stato un anno più d'oro di questo: «I Giochi valgono più di uno Slam? Sinceramente se finisse nel modo migliore penso proprio di sì». Le parole di Sara Errani mettono il punto a un pomeriggio da pazzi, lei con Jasmine Paolini in finale dopo aver sconfitto 6-3, 6-2 Muchova-Noskova, e poi Lorenzo Musetti che per un po' fa impazzire Novak Djokovic giocando da Federer: non è un sacrilegio dirlo, anche se poi è finita come spesso è finita per Roger. Niente lacrime però: c'è ancora spazio per lui sul podio di Olimpia.

E allora: la coppia che non ha ancora un soprannome («ma lo troveremo») ha infranto tutte le barriere, perché comunque vada medaglia sarà. È la storia a lieto fine di Sara Errani, tornata ai tempi delle Chichi con Roberta Vinci, e passata attraverso la redenzione di una squalifica per doping (quella del famoso caso dei tortellini ) dai troppi lati oscuri e dopo la quale avrebbe voluto smettere: «E invece ringrazierò Jasmine per tutta la vita. Grazie a lei il sogno che mi ero prefissata di raggiungere: ho sempre avuto il pallino della finale olimpica, riuscirci all'ultimo tentativo è pazzesco, sono troppo felice». «Sono io che la ringrazio ribatte la compagna -: io al doppio non ci pensavo neanche...». E infatti quarta finale dell'anno per Jasmine, due da sola più una in doppio tra Roland Garros e Wimbledon e ora i Giochi di Parigi: «Questa è diversa dalle altre, ma la preparerò come al solito». Facile dirlo: sarà contro Andreeva-Schnaider, duo russo senza bandiera, e sarà la partita che domani chiuderà il programma del tennis a Parigi. «Le studieremo, cercando di capire come gestiscono i punti e cosa potremmo fare noi - giurano entrambe -. C'è ancora un po' di lavoro da fare».

Il lavoro non è finito neanche per Musetti, in campo di nuovo oggi pomeriggio per centrare, contro Auger Aliassime, quel bronzo che darebbe un senso a una settimana comunque fantastica. Contro Djokovic, che ha messo l'onore della Serbia davanti al suo ginocchio malandato, Lorenzo ha sognato per un po', ma troppo poco. E d'altronde, se il muro di nonna Maria contro cui si allenava da bambino avesse potuto parlare, gli avrebbe spiegato che non sarebbe stato l'unico che avrebbe trovato davanti nella vita. Lorenzo non era ancora Musetti, il tennista: sognava la folla, il successo, la felicità. «Solo che la felicità dura un attimo», e Nole glielo ha spiegato in soli due set. Lui che è un muro vivente appunto, pronto a rimandare la palla sempre dall'altra parte e contro il quale si schiantano quasi tutti. Insomma: non è bastato il cric al menisco e la ginocchiera che sottolineava i 37 anni e i 15 di differenza, per spegnere l'ambizione del campione serbo di vincere l'unica cosa che gli manca. Solo Carlos Alcaraz ora può rubargli l'eternità, in quella che sarà la grande rivincita della finale di Wimbledon vinta dallo spagnolo.

Lorenzo può recriminare solo di aver perso il decimo gioco del primo set partendo da 40-0 e di aver strappato inutilmente due volte il servizio al rivale nel secondo, Ma il 6-4, 6-2 finale non lascia troppi rimpianti, e se oggi bronzo sarà, avrà il colore dell'oro puro.

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