Fate attenzione al Terzo uomo: nello sport è lui che scrive il finale a sorpresa

Sembra un dettaglio sulla scena, invece è il particolare decisivo. La Storia trasforma spesso una comparsa in un protagonista, nei modi più imprevedibili e quando meno te lo aspetti. E in fondo ci potrebbe essere nascosta una donna

Fate attenzione al Terzo uomo: nello sport è lui che scrive il finale a sorpresa

Il terzo uomo ha mille facce e nessuna somiglia all'altra. É sempre lì sul luogo del delitto, ma non recita mai la stessa parte. Sembra un dettaglio della scena e invece è il particolare decisivo, l'elemento a sorpresa, il colpo di scena finale. State attenti al terzo uomo perchè il suo identikit potrebbe ingannarvi.
Ha la statura di Peppiniello Di Capua, un metro e cinquantatrè per quarantasei chili, quanto basta per entrare nella botola di prua del timoniere, grande come un lavandino. Nel due con dei fratelli Abbagnale lui era il con. Dettava i tempi, sceglieva la strategia di regata, al suo segnale si scatenava l'infernoo. Era il postiglione della diligenza, usava la voce come una frusta, un Napoleone a capo di una flotta micidiale fatta di due soli uomini: 13 anni di vittorie, due ori olimpici, sette titoli mondiali. Un gigante formato bonsai.
Ha gli occhi di Tafik Bakramov, Unione Sovietica, c'era lui a Wembley a sorvegliare la porta tedesca quando il tiro dell'inglese Hurst sbattè sotto la traversa. La palla era fuori, Bakramov la vide dentro. Era alto, un po' curvo, i capelli bianchi bianchi, i baffetti neri neri, passava per un guardalinee qualsiasi ma era il Lo Bello di tutte le Russie. Fu per colpa sua che fu inventata la Supercoppa europea: l'Ajax pestato a sangue dall'Independiente nell'Intercontinentale arbitrata da lui decise di non partecipare più, di sostituire una coppa con un'altra. A Bakramov il suo Paese, l'Azerbajan, ha dedicato lo stadio della capitale, Baku, 30mila posti dove l'Italia vinse la prima di qualificazione agli Europei 2004. All'unico uomo che ha deciso un mondiale con uno sguardo.
Ha le mani di Peter Norman, mani che non si vedono e proprio per questo saltano subito all'occhio. La sua foto l'abbiamo avuta davanti per 35 anni, ma nessuno l'ha mai notato: è il ragazzo bianco a sinistra della foto sportiva più famosa di tutti i tempi, a lato di Tommie Smith e John Carlos, guanto nero, mani nere, e pugno alzato al cielo nel saluto delle Black Panthers, estate del 1968, podio dei 200, Olimpiadi di Città del Messico. «Chiesi loro il distintivo dell'associazione per il rispetto dei diritti umani e con quello andai sul podio. Tommie e John furono espulsi dai Giochi, io solo ammonito, ma sono felice di averlo fatto e di essere stato sul podio con loro». Nessuno si è ricordato di lui per decenni, tranne il nipote Matt Norman che ha realizzato un film sulla vita dello zio che comincia dalla fine: «Il saluto».
Ha il cuore di Fiorenzo Magni, bella sfiga finire sulla strada insieme a due cannibali come Fausto Coppi e Gino Bartali. Vince tre giri d'Italia e tre giri delle Fiandre di fila, tutta roba che con quei cannibali in giro vale doppio. Ma l'immagine che più gli somiglia è del Giro 1956. Sulla grosseto-Livorno cade e si rompe una clavicola, non può più fare forza sul manubrio. I medici gli dicono: «Se lei continua è un pazzo». Lui si mette in bocca una fettuccia legata al manubrio e con questo stratagemma il «Leone» scala il Bondone e arriva secondo a Milano. Nemmeno con una spalla rotta si rassegnò mai al ruolo di spalla.
Ha la voce di Alfredo Provenzali. Scusa Ameri, scusa Ciotti, poi arrivava lui, il più giovane dei tre, classe 1934, genovese, patito di pallanuoto. Poi in studio ad orchestrare il coro, dopo Roberto Bortoluzzi, dopo Massimo de Luca, il terzo della storia, il terzo in 48 anni. Di migliaia di radiocronache ricorda soprattutto una voce «quella di un ascoltatore cieco che ci ringraziava, siete gli unici che riuscite a farmi vedere la partita».
Ha i capelli al vento di Jim Shea Junior, l'ultimo anello di una famiglia particolare, l'unica a partecipare alle Olimpiadi con tre generazioni diverse. Nonno Jack è oro nel pattinaggio di velocità a Lake Placid 1932, papà Jim Senior è olimpionico di fondo a Innsbruck 1964, lui, Jim junior è oro nello skeleton a Sal Lake City. Per inseguire questa medaglia ha fatto la fame, venduto la jeep, dormito dentro un garage. Quando scende porta nel casco la foto del nonno ucciso da una moto a 91 anni
Il terzo uomo sale dagli abissi, a 122 metri di profondità al largo delle isole Turks and Caicos, Caraibi, dove per la pressione dell'acqua, i polmoni si riducono alla grandezza di un pugno e il cuore batte una volta ogni quattro secondi.

Là in fondo a tre minuti e trentotto secondi di distanza, dove nessun uomo è mai arrivato, c'è il record mondiale di immersione in apnea, la sopra gli eterni rivali Pipin Ferreira e Umberto Pellizzari in attesa, e a pelo d'acqua eccolo, spunta il nuovo primatista: ha trent'anni, è inglese, si chiama Streeter. Tanya Streeter.
State attenti al terzo uomo. Perchè potrebbe essere una donna...

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