La notte turbolenta del Milan è cominciata con un messaggio rassicurante di Fonseca («l'esclusione di Theo e Rafa non è una punizione, ho parlato loro e hanno capito») e l'esplosione pubblica del dissenso dei due grandi esclusi con la scena poco edificante della mancata partecipazione al cooling break seguita dall'intervista riparatrice di Theo che ha provato a mettere una pecetta sulla vicenda («eravamo appena entrati, non avevamo bisogno di ristoro») mal riuscita e smentita da alcune immagini in cui si scola una bottiglietta di acqua in disparte. Anche Fonseca, alla fine, ha giurato «sull'unità del gruppo» perché questa frattura è uno dei pochi motivi che nel calcio possono e devono condurre a valutazioni extra-calcistiche e che si riferiscono alla mancata empatia tra il portoghese e lo spogliatoio, o comunque i suoi due più rappresentativi esponenti.
Ma quel che ha reso ancora più allarmante tutta la vicenda è stata l'assenza di Ibra al seguito del gruppo squadra (in tribuna c'erano Gerry Cardinale con Furlani e Moncada). Già a Milanello, negli ultimi tre giorni della settimana coincisi con la fine del calcio-mercato, il management non si è visto perché sono rimasti tutti inchiodati ai rispettivi telefoni per definir. Ma il vuoto registrato prima a Milanello e poi all'Olimpico di Roma è un altro aspetto che rende ancora più complicato il lavoro stesso di Fonseca e la gestione dei casi spinosi. Infatti sulle assenze di Bennacer a inizio settimana scorsa e poi sull'entità dell'infortunio di Jovic qualche sospetto è venuto a galla a poche ore dalla partenza per Roma. Tocca dunque a Ibra, il responsabile diretto dell'area tecnica, sciogliere questo nodo che può strangolare la stagione cominciata malissimo, 2 punti in 3 partite, come raramente accaduto anche nei periodi più bui. La sua assenza romana, pare per recuperare qualche giorno di vacanza, a poche ore dalla sosta, è una ulteriore conferma di una gestione troppo americana e poco italiana del club.
Infine c'è l'aspetto squisitamente calcistico passato quasi sotto silenzio dopo il 2 a 2 con la Lazio. Primo punto: 6 gol subiti, distribuiti equamente nelle tre sfide, e tutti con le identiche modalità, restano un inquietante elemento di continuità rispetto alla scorsa stagione, segno che dopo quasi 2 mesi di lavoro, Fonseca e il suo staff non hanno ancora trovato l'antidoto giusto. Secondo punto: la prova di Roma va divisa in due parti: incoraggiante la prima (gol, raddoppio sfiorato e nessun pericolo corso tranne uno iniziale per via di un errore di Tomori), deprimente la seconda durante la quale persino il più ammirato di tutti, Pavlovic, è andato in difficoltà. Punto terzo: Emerson Royal e Chukwueze sono apparsi i due anelli deboli del gruppo, il primo anche per insufficiente condizione atletica, il secondo perché completamente avulso dal gioco. Punto quarto: discreto Fofana, Pulisic tra i migliori come sempre, Okafor molto attivo, Abraham promosso alla prima apparizione, non è escluso che possa scalare la graduatoria dei titolari rispetto a Morata.
I pochi appunti calcistici dettati da Fonseca sono stati i seguenti: «Non si può costruire da dietro puntando solo su Pavlovic, abbiamo bisogno di tempo per migliorare». Ecco la lezione finale: Fonseca arrivato tra il diffuso scetticismo di ambiente, critica e tifoseria, non ha molto tempo a disposizione.
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