Il Giro d'Italia snobbato dalle multinazionali non è più corsa da big

Dei primi 10 del ranking, Almeida unico al via Non solo il Tour, sorpasso anche della Vuelta

Il Giro d'Italia snobbato dalle multinazionali non è più corsa da big

«Noi al Giro d'Italia ci puntiamo sicuramente e ci veniamo con una squadra più che competitiva: sarà uno dei nostri grandi obiettivi di stagione». Beppe Martinelli, tecnico di lungo corso dell'Astana, va in contro tendenza. Le sue parole sono al miele, anche se non tutti la pensano come il pluridecorato tecnico bresciano, capace di vincere tutti i tre Grandi Giri con corridori del calibro di Marco Pantani e Gilberto Simoni, Damiano Cunego e Stefano Garzelli, per arrivare a Vincenzo Nibali e Fabio Aru. «Noi ci verremo con Miguel Angel Lopez, che sarà la nostra punta, ma con lui ci sarà anche Vincenzo (Nibali, ndr), che sarà il nostro jolly, il nostro battitore libero. Il Giro non è più appetibile come un tempo? Purtroppo è così, con l'avvento delle multinazionali il Tour ha ampliato la forbice, ma sportivamente parlando, per me il Giro resta una priorità, un'eccellenza».

Parole d'amore, d'amore assoluto, che però collocano il tecnico bresciano tra una minoranza silenziosa. Gli altri, non la pensano così. Il Giro, per il momento, mostra i suoi anni e tra le multinazionali del pedale non va più di moda, c'è di meglio: soprattutto il Tour. Altro che la corsa più bella del mondo nel paese più bello del mondo, come recita il claim pensato dai marketing di casa Rcs Sport. Anche la Vuelta, a livello di peso del valore dai corridori, è passata davanti.

Basta dare una scorsa al ranking mondiale dell'Uci: tra i primi dieci al mondo (Pogacar, Van Aert, Roglic, Alaphilippe, Almeida, Colbrelli, Philipsen, Bernal, Van der Poel e Adam Yates, ndr) al momento dovrebbe venire solo e soltanto il numero 5 delle graduatorie mondiali: Joao Almeida. Il 23enne portoghese, neo acquisto della Uae Emirates, sarà il vice Pogacar sulle strade d'Italia.

Il pezzo più pregiato dovrebbe invece essere in ogni caso l'ecuadoriano Richard Carapaz, numero 14 al mondo, vincitore di un Giro (2019, ndr) con un podio al Tour (3°) e alla Vuelta (2°), ma fresco oro olimpico nella prova in linea ai Giochi di Tokyo. Invece non ci sarà il campione d'Italia, d'Europa e trionfatore della Roubaix Sonny Colbrelli, che nella classica del pavé partirà con il numero 1 dopo l'impresa del 2021, ma la sua Bahrain Victorious non l'ha accontentato e lo destinerà alla Grande Boucle. Stesso discorso vale per Damiano Caruso. Dopo il fantastico secondo posto alle spalle di Bernal, il siciliano sperava di tornare quest'anno da capitano per puntare all'obiettivo pieno, invece niente, anche per lui la Bahrain ha scelto il Tour de France.

Ci sarebbe da investire, come seppe fare Mediaset agli inizi degli Anni Novanta quando per cinque anni prese in mano la corsa rosa, rilanciandola.

Prima di mettersi al lavoro, i dirigenti del Biscione si chiesero: chi è il più forte corridore al mondo chiese Adriano Galliani? Risposta: Miguel Indurain. Non esitarono ad andare in Spagna per convincerlo, con più che buone argomentazioni.

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