nostro inviato a Monza
È solo a metà del lavoro, Lewis. Ma la sensazione forte è che abbia una gran voglia di prendersi tutto e completarlo. I segnali che ha mandato fanno paura. Ieri, ad esempio, con la pole ottenuta all'ultimo quando, terzo, era ormai davanti nei fatti per via della prevista retrocessione di Verstappen e Ricciardo; pole numero sessantanove che scalza e toglie a kaiser Schumi il record. Soprattutto, una pole di rabbia e talento e rischi, tanti rischi presi, unico tra i piloti veterani a voler spingere così in mezzo a una nidiata di ragazzini terribili freschi di kart e ambizioni e voglia di emergere non solo dal diluvio. E' un Lewis da paura quello che nel Parco spiega e non spiega «riesco a fare così perché credo in me stesso». Per cui vien da pensare che ben avesse fatto, al mattino, il presidente Marchionne, dopo aver parlato di «orgoglio per quanto ottenuto» e di «Ferrari totalmente alla pari con la Mercedes», a mettere poi le mani avanti precisando che «questa di Monza è però la più difficile delle gare rimaste anche se, guardando agli sviluppi che arriveranno, abbiamo cose buone che aiuteranno...». Perché le ottimistiche previsioni degli anni passati avevano portato male e perché al mattino era già forte il sospetto che qui, bagnato o asciutto, furberie uber alles o meno sul consumo di olio, Hamilton avrebbe tentato il tutto per tutto. Infatti, ha rifilato due secondi e 3 a Bottas, due e 4 a Raikkonen, due secondi e 5 a Vettel a parità di gomme full wet. Davvero troppo. Per cui, oggi pomeriggio, se solo alle Ferrari non riuscirà l'impresa («i nostri piloti sono i migliori del mondo e lo vedremo in gara, diamogli una chance...», la chiamata serale alle armi di Marchionne), oggi l'inglese e la sua freccia d'argento potrebbero ritrovarsi in vetta a pari punti o persino di più.
Colpa delle sette scarne lunghezze che separano i duellanti del mondiale, colpa di questo sabato bastardo di pioggia e pista viscida e allagata e di paure, tante e troppe paure per continuare a chiamare gladiatori i piloti di F1. Colpa, dopo le terze libere praticamente abortite dal diluvio, di quell'urlo via radio di Grosjean a inizio del Q1, quel «ve lo avevo detto che era troppo pericoloso» che ha di fatto reso impossibile anche solo pensare di mandare i piloti in pista appena la morsa della pioggia avesse allentato un po' la presa. Dopo quella frase, sarebbe infatti bastato che uno di loro incorresse nel più piccolo degli incidenti per scatenare un inferno di polemiche sulla F1.
Da qui l'incredibile attesa di oltre due ore perché spiovesse seguita all'uscita per aquaplaning di Grosjean e il paradossale finale, tre ore dopo, in Q3, con tutte le monoposto a quel punto in pista nonostante la pioggia fosse simile a quella che imperversava al momento del botto del francese. E da qui l'impietoso verdetto che premia il giovane canadese della Williams, Lance Stroll, che scatterà in prima fila grazie alla retrocessione delle due Red Bull per le modifiche alle power unit (meno 15 posti Verstappen e 20 Ricciardo) e il terzo posto al via dell'altro giovane, il francesino Esteban Ocon, con la Force India, anche lui capace di domare meglio di altri queste monoposto rese pazze dall'acqua e dagli assetti da asciutto.
Grandi loro. Purtroppo piccole le prestazioni ferrariste, 7° Raikkonen, 8° Vettel poi graziati dal duo Red Bull per cui 5° e 6°. «E' un distacco grande e non so perché, ma sull'asciutto siamo messi bene» il sunto di Seb, «guidavo sulle uova» quello di Kimi.
Parole meste comprensive di un fine pomeriggio surreale: perché mentre al piano di sotto dell'hospitality del Cavallino i musi lunghi cercavano delle risposte, al piano di sopra si sentiva il tintinnare di brindisi e lo scrosciare di applausi per i 70 anni del Cavallino. Che è diverso da quello della pioggia e soprattutto suona terribilmente stonato quando rincorri due secondi più indietro.
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