I dubbi dopo la speranza. Diventa un giallo il ritorno della Goggia

È una neve insidiosa, chiedere alla Shiffrin. Sofia: "Già bello essere qui". Super G a rischio?

I dubbi dopo la speranza. Diventa un giallo il ritorno della Goggia
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Oggi è un po' la notte prima degli esami per Sofia Goggia e le ragazze della velocità azzurra per cui il fuso cinese scorre veloce verso gli altri esami. Al capitolo velocità suona la campanella del superG: uno scritto senza prove, senza brutta copia. Subito in bella, giù veloci. Con ogni probabilità Goggia non sarà al cancelletto se non per una passerella esplorativa, rimandando al trittico di prove della discesa e poi alla gara del 15 febbraio, il sogno di non restare in panchina. Nei primi quattro giorni a Pechino, Sofia ha preso appunti, tutti quelli che poteva. Sulla neve, sul clima, sul tracciato, sul pendio, sulla reazione dei suoi sci, ma soprattutto ha ascoltato lo stato del suo ginocchio e il battito del suo cuore. Obiettivo: affrettare ancora di più i tempi di un recupero che ha già del miracoloso. Sono trascorsi 18 giorni da quel tonfo nel superG di Cortina, il secondo in pochi giorni se si aggiunge anche la caduta di Zauchensee della settimana precedente, «Due cartelle terribili». Poi quel volo in elicottero a Milano per sentirsi fare una diagnosi poco compatibile con dei Giochi olimpici alle porte: distorsione al ginocchio sinistro, microfrattura al perone e lesione parziale del crociato già operato e quello sconsolato, «Se questo è il piano di Dio, lo accetterò».

Da allora lei ha vissuto in apnea, «alla Goggia», fra straordinari di fisioterapia, riabilitazione, allenando intanto tutto ciò che si poteva nel frattempo allenare, animo compreso, per non perdere anche questa chance, dopo aver già saltato i Mondiali del 2021, per un altro infortunio fotocopia nella sciagurata tempistica. Oltre Muraglia, però, Sofia ha trovato un muro di dubbi. Mentali, insidiosi più di una scatola cinese, ma anche concreti, con quella neve così strana che attacca allo spigolo frenando troppo oppure ti fa scivolare come sul sapone. Quante big - a partire da Mikaela Shiffrin, fuori in entrambe le «sue» gare - l'hanno capita troppo tardi o non l'hanno ancora saputa interpretare. «Valuto di giorno in giorno, non posso forzare ne sulla neve ne in palestra» ha scritto Goggia, raccontando del suo comeback sui social da cui sono spariti i toni più allegri dei primi giorni. A quei «Ciao fans» e «Work molto in progress», si sostituiscono frasi meno entusiastiche «So di aver rischiato tanto ed è già bello essere qua».

Strizza o il più classico degli «slalom» pretattici di ogni big e di Sofia in particolare sempre abile con i media? Chi, del resto, scriverebbe alla vigilia di un oro olimpico da difendere, pure con un ginocchio malconcio, di essere pronto, anzi di sentire già la vittoria in tasca? Forse che Pirmin Zurbriggen, a 22 giorni dal botto di Kitz e del suo menisco, era davvero convinto, quel dì del 1985, di vincere ai Mondiali di Bormio? I campioni non si paragonano e nemmeno le ansie

della vigilia. Il ritorno di Goggia, ovunque porti che sia alla discesa di un giorno o alla lotta per un'altra coppa - ha dell'epico e del mediatico insieme. Questa, del resto, è la sua forza e in una parola la sua filoSofia.

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