Ho avuto tante fortune nella mia vita, dal vivere una vita stupenda al fianco della mia adorata Vincenzina a fare il lavoro più bello del mondo.
Se fai il lavoro che ami, non lavorerai mai un giorno. È stato così anche per me, che ho lavorato una vita e l'ho fatto con la passione di un ragazzino che sognava di diventare qualcuno nel mondo della bicicletta.
Ho avuto tante fortune nella mia vita, ad incominciare dal trovare sulla mia strada campioni di prima grandezza come Fiorenzo Magni che mi volle al suo fianco fin da subito e poi Eddy Merckx, quel prodigio della natura, che ha reso piccoli anche i più grandi campioni, ad incominciare da quell'indomito e sublime corridore che è stato Felice Gimondi. Ho vinto tutto quello che potevo vincere al fianco di Eddy Merckx, ma ieri ho pianto nel vedere quel prodigio della natura di nome Tadej Pogacar. Quelle di Eddy erano vittorie ottenute su biciclette fatte con le mie mani, con le mie geometrie e le mie intuizioni. Quelle di Tadej con biciclette che in ogni caso portano ancora il mio nome e nonostante oggi appartengano ad altri, sono sempre bici preziose. E la cosa mi rende felice e orgoglioso. Una vittoria strepitosa, quella di Tadej. Ottenuta con un attacco ai favoriti nato a cento chilometri dal traguardo: cose che nemmeno Eddy. Poi da solo, 51 chilometri abbondanti senza paura, con il sorriso sulle labbra, con la leggerezza di chi è nato per andare in bicicletta, per chi come Eddy è nato per raccogliere successi di continuo, perché mai sazio, perché sempre ambizioso.
I miei due adorabili Cannibali, così diversi e uguali: uno famelico (Eddy), l'altro goloso (Tadej). Uno cattivo in senso agonistico, l'altro spietato. Uno rabbioso, l'altro lieve.Anche loro, come me, sostenuti da una passione profonda e da un amore per la bicicletta sconfinato e infinito, come il loro talento.
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