Iannone choc: positivo agli steroidi. E adesso i piloti chiedono più test

L'azzurro dell'Aprilia: "Tranquillo". Ma cade il velo sul motomondo

Iannone choc: positivo agli steroidi. E adesso i piloti chiedono più test

Il pilota italiano della MotoGP Andrea Iannone è risultato positivo agli steroidi anabolizzanti in un controllo antidoping effettuato nel Gran Premio della Malesia lo scorso 3 novembre. Lo ha annunciato la Federazione internazionale di motociclismo (FIM), che da ieri ha sospeso provvisoriamente il pilota dell'Aprilia, in attesa del ricorso dell'abruzzese e dell'esito delle controanalisi. Iannone, nel frattempo, è intervenuto così, via Instagram: «Sono totalmente tranquillo e ci tengo a tranquillizzare i miei tifosi e Aprilia Racing. Mi rendo disponibile a qualunque controanalisi in una vicenda che mi sorprende, anche perché a ora non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Negli anni, e anche in questa stagione, mi sono sottoposto a continui controlli, risultando ovviamente sempre negativo; per questo ho la massima fiducia nella conclusione positiva di questa vicenda». In difesa di Iannone si è schierata l'influencer Giulia De Lellis, nuova fiamma dopo la fine della relazione con Belen: «Chi ti conosce sa... non servono altre parole», conclude.

È caduto un muro, e non sembra vero. Ma non un muro che si abbatte in pista, fatto di tempi sul giro e cronometri. Bensì un muro che separa(va) il mondo delle due ruote e il doping. «Sono certo che qualcuno assuma sostanze vietate e diuretici per perdere peso senza sacrifici. È un illuso chi pensa che qui non ci siano persone che prendono sostanze. Dimostriamo di non avere niente da nascondere e sottoponiamoci a dei test severi, basta con quella m. di oggi». Era stato l'inglese Cal Crutchlow, come sempre senza peli sulla lingua, nell'aprile del 2018, a far scattare l'allarme doping. Un allarme confermato dai dati: infatti, l'Agenzia Mondiale Antidoping ha calcolato che nel 2017 i motociclisti sono stati i più positivi all'antidoping del panorama sportivo internazionale, con il 2,1% di positività contro l'1,9% del pugilato, l'1,2% del ciclismo e lo 0,9% dell'atletica. A tutto ciò si aggiunga che i controlli antidoping sui piloti (si parla di 2-3 all'anno e in modo casuale) sono nettamente inferiori rispetto a quelli di altri sport. Pertanto, non deve sorprendere che nel motomondo siano venuti alla luce pochissimi casi.

Prima della positività agli steroidi (la prima della storia del mondo delle due ruote) di Andrea Iannone, che conta comunque di poter dimostrare la propria innocenza, erano stati pizzicati l'australiano West (positivo alla metilexaneamina nel 2012) e il giapponese Haga (positivito all'efedrina nel 2000 in Superbike).

È storia vecchia quella su Kenny Roberts che, parole di Carlo Pernat, «prima delle gare prendeva un farmaco che gli permetteva di guidare lucido e sereno come una gita in campagna». Altri tempi. Adesso, invece, da quando Crutchlow ha lanciato l'allarme, sono i piloti a chiedere nuove regole e più test. Era ora.

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