Impresa dei Cavalieri delle acque nel nome del compagno morto

Gli azzurri del 4 di coppia sventolano il tricolore donato dalla famiglia di Mondelli e poi abbracciano i genitori dell'ex canottiere a Casa Italia

Impresa dei Cavalieri delle acque nel nome del compagno morto
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I Cavalieri delle acque avevano un cavaliere in cielo che li proteggeva. Sedici anni dopo l'ultima meraviglia di Pechino, il quattro di coppia torna d'argento ai Giochi. L'impresa è firmata dal capovoga cremonese Giacomo Gentili, dal ferrarese Luca Rambaldi, dal lecchese Andrea Panizza e dal padovano Luca Chiumento.

Erano in cinque e non in quattro gli azzurri sulla barca che giganteggiava sul bacino olimpico di Vaires-sur-Marne. Con loro a spingere c'era idealmente pure Filippo Mondelli, il compagno di squadra morto a 26 anni a causa di un osteosarcoma prima di coronare il sogno olimpico. Dopo il secondo posto dietro gli olandesi volanti, infatti, i quattro azzurri hanno sventolato il tricolore con il suo nome scritto. È un regalo della famiglia di Pippo, arrivata dall'Italia per consegnarla ai Cavalieri. Non poteva esserci lieto fine più commovente con tanto di abbraccio a Casa Italia tra i genitori di Mondelli e i canottieri d'argento.

Piangono gli azzurri, a partire da Gentili, che ha dedicato il successo al suo amico e prodiere Filippo: «C'è tanta emozione - racconta in lacrime in zona mista -. Non riesco ancora a crederci. L'ho sognato questo risultato. Era per lui, Filippo, ed era per le nostre famiglie che ci sono state vicine per anni, specialmente dopo la delusione di Tokyo quando avremmo voluto dedicargli la medaglia». In Giappone, il quinto posto aveva lasciato nei ragazzi un dispiacere enorme. «Io non mi sono mai accontentato delle medaglie mondiali perché sapevo che mancava quella più importante. Ora ce l'abbiamo addosso», conclude Giacomo.

Brillano gli occhi dei Cavalieri azzurri, tutti e quattro atleti delle Fiamme Gialle, che hanno visto concretizzare i loro sogni. L'argento è sufficiente per giustificare ore, mesi, anni di allenamenti, di ripetizioni, di vogate, perché quando torni a tuffarti dopo una sconfitta, una medaglia mancata, ecco, non deve essere tanto semplice ripartire. Che bello quando l'incubo finisce. Ora eccoli qua, eccoci qua. Sì, è un argento che vale oro. «Più di così non potevamo fare - spiega invece Rambaldi -. La medaglia è per noi, per Pippo, per la sua famiglia, per le nostre famiglie, per chi ci ha sostenuto negli alti e bassi». Luca ha raccontato ieri di aver sofferto di depressione dopo quella medaglia mancata. Non è stato facile dover aspettare tre anni per riscattarsi. «Diversi grandi atleti hanno fatto delle confessioni riguardo il mental health. Io mi sono creato dei muri con quelli che avevo attorno, dei muri con me stesso. Ho ancora le lacrime pensando a quel momento». Anche Rambo, chiamato così come l'iconico personaggio del cinema dal duro aspetto, può avere dei momenti difficili. «Più volte ho pensato di smettere, ma mi sono chiesto: voglio veramente finire senza aver portato la ciliegina a casa?». C'è poi l'ambizioso Andrea Panizza, il ragazzo di Mandello del Lario che potremmo rivedere presto sui budelli del bob. Milano-Cortina è sullo sfondo. «Vediamo. Prima c'era il capitolo Parigi da sistemare. Andrò in vacanza e poi ci penserò. È una sfida personale e a me piacciono le sfide». Infine c'è l'esordiente Luca Chiumento, che non era in barca il giorno della finale a Tokyo, in quanto riserva.

Il padovano concittadino di Rossano Galtarossa, argento in Cina sedici anni fa, ha regalato una grande gioia al papà Enzo, che era arrivato a Parigi apposta dopo un viaggio in bici dall'Italia per sostenerlo. Ne è valsa la pena.

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