
È il derby dei forti contrasti e dei pronostici sulla carta scontati. Di qua l'Inter che veleggia sicura in Champions col suo prezioso quarto posto e può riposare durante le due settimane dedicate ai play off, non ha tensioni interne e tanto meno energie da spendere sul mercato (una sola mossa prevista, e di secondo piano, Zalewski), recupera il suo decisivo regista (Calhanoglu, con Acerbi in panchina) e aspetta solo le ore 18 di domenica sera per vendicare la sconfitta in Supercoppa a Riad, mal digerita specie per il balletto con sigaro da parte di Sergio Conceiçao. Lautaro, processato solo qualche settimana prima, ha preso a mitragliare gol uno dopo l'altro. Dall'altra parte, tra Milanello e gli uffici di casa Milan, c'è un vulcano in perenne eruzione, conseguenza viziosa della sconfitta di Zagabria che pesa anche sul calendario di febbraio (8 partite in 24 giorni, compreso il recupero col Bologna programmato il 26 febbraio). Il tifo della curva sud in sciopero perenne, il mercato in continua evoluzione che rende precaria la preparazione da parte del tecnico - se non sai su chi puoi contare, esempio Morata o Gimenez il centravanti? (ci sarà Abraham) -, l'assenza, pesante, di Fofana (per squalifica) a metà campo, una sola buona novella, il debutto di Walker in difesa che resta l'anello debole di tutto il Milan come dimostrato ampiamente anche a Zagabria. Il clima, nell'accampamento rossonero, è di quelli mai vissuti, nemmeno negli anni catastrofici di Giussy Farina: depressione più cupa tra i suoi tifosi e nel mirino dirigenti (Ibra) e proprietà (Cardinale).
È lo specchio fedele della stagione e della tendenza calcistica milanese che differenzia ormai l'affidabilità dell'Inter dall'instabilità del Milan, accumunati adesso da un fondo proprietario, Oaktree per i nerazzurri, RedBird per i rossoneri. Di diverso ci sono solo le cifre del bilancio che sorridono a Furlani. Un esempio di scuola viene dall'ultimo intervento di Beppe Marotta, presidente dell'Inter, che teorizza «l'utilizzo dell'algoritmo» nel calcio moderno al pari del metodo americano pubblicizzato da RedBird ma poi spiega che «il fattore umano decide il buon esito dell'acquisto» e in sostanza concorda con la tesi di Arrigo Sacchi («i piedi riesco ad accomodarli, la testa no»). È quello che manca al Milan con un management sportivo privo ancora del ds (proposto Francois Modesto fino a dicembre scorso al fianco di Galliani nel Monza). Infine c'è la distanza scavata dalla guida dei due allenatori. Simone Inzaghi, al quarto anno, ha una conoscenza perfetta di uomini e caratteristiche, amministra fin qui l'utilizzo della rosa al meglio, riuscendo a «convincere» esponenti come Frattesi deciso in un primo momento a cercare spazio altrove e poi tornato indietro ad Appiano Gentile.
A Milanello Conceiçao, a pochi giorni dall'arrivo, in certe esternazioni sul suo gruppo ha di fatto rilanciato le stesse critiche firmate da Fonseca. A Riad è partito con il piede giusto, a Zagabria c'è stato un tonfo. Il derby può rilanciarlo o affossarlo.
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