E all'improvviso, l'abbondanza. Inzaghi può scegliere: Brozovic più uno fra Lukaku e Dzeko in panchina sono un lusso da grande squadra. Fuori all'inizio anche Dumfries e De Vrij. Ecco perché la doppia sfida col Porto, ottavi di finale Champions per il secondo anno consecutivo, è di quelle da maneggiare con cura. Guai a sbagliarla, ché sennò sono guai. Per il tecnico persino più che per l'Inter.
«Il Porto è una squadra molto forte, ha grande esperienza per questo tipo di sfide», avverte Inzaghi, pronto ad abbracciare Sergio Conceicao, stasera allenatore avversario, ma a cavallo di fine-inizio millennio suo compagno alla Lazio (nonché per 2 stagioni anche ex nerazzurro, con Cuper in panchina: era in campo il 5 maggio).
Battere il Porto vale per il prestigio (l'Inter manca ai quarti di Champions dal 2011) e per la cassa: 10,6 milioni dall'Uefa per chi passa il turno, più un altro incasso ricchissimo. Quello di stasera (San Siro esaurito, in tribuna anche il presidente della Federcalcio Gravina e il numero uno dell'Uefa Ceferin) sarà inferiore ai 9 milioni e passa del Milan contro il Tottenham (con i popolari a 99 euro) solo per la diversa politica dei prezzi, che però fra un mese potrebbe cambiare, anche perché si è visto che il pubblico risponde ugualmente, l'importante è esserci.
Comanda Lautaro, e chi sennò? Il Toro è l'anima dell'Inter, mai come in questa stagione. Il Mondiale vinto con l'Argentina gli ha massaggiato l'autostima, restituendolo a Inzaghi più forte e convinto di prima. Stasera per la prima volta sarà capitano anche in Champions, leader totale anche nel simbolo. Eppure Lautaro, che ha segnato 8 volte nelle 10 partite disputate dopo il Qatar (9 da titolare, già 4 da capitano) in Champions League ha numeri che non sembrano suoi, ma presi in prestito da un giocatore modesto e perciò vanno rapidamente aggiornati.
Intanto, il dato più incredibile: il Toro Martinez non segna a San Siro, in una notte di Champions, dal 23 ottobre del 2019, 3 anni e 4 mesi, 1218 giorni, roba da paura, considerando che nel frattempo ha giocato 11 volte a Milano, e sempre da titolare. In assoluto, Lautaro è a 8 gol in 29 partite di Champions, che non sono nemmeno pochissimi, ma 5 risalgono alla prima stagione di Conte. Da lì in avanti, e sono 21 partite contando anche l'ultima di quella stagione (fatale sconfitta in casa col Barcellona) la miseria di 3 gol, tutti in trasferta, per quanto in casa di avversari straordinari come Real Madrid (a Valdebebas, sconfitta), Liverpool (inutile vittoria, lo scorso anno) e Barcellona (3-3, il 12 ottobre).
Insomma, non proprio numeri da fenomeno. Eppure su chi se non Lautaro è giusto puntare per battere il Porto? Inzaghi se lo coccola: «Nel suo ruolo è importantissimo, sta avendo una grande continuità di rendimento e i tanti trofei alzati gli hanno dato maggiore fiducia». Resta da capire chi giocherà al fianco dell'argentino. Inzaghi non ne parla («ho ancora qualche dubbio») ma prende sostanza l'ipotesi Lukaku, anche se la partita con l'Udinese l'ha mostrato ancora in ritardo. Darmian e Dimarco sulle fasce, Acerbi al centro della difesa («all'Inter sto bene, ma il futuro non dipende da me: andrò dove mi diranno di andare»), Calhanoglu in mezzo al campo, con i motorini Barella e Mkhitaryan al fianco.
In panchina Brozovic, pizzicato da un video mentre in allenamento faceva svogliatamente un esercizio di riscaldamento. Dettagli.Tv: ore 21.00 su Amazon Prime Video (prova gratuita di 30 giorni)
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