"Io che ho allenato Daniel dico che è solo l'inizio. Tecnica e fisico, può essere un nuovo De Bruyne...". Intervista a Walter De Vecchi

L'ex Milan ha cresciuto Maldini nelle giovanili: "Gli manca solo un po' di testa"

"Io che ho allenato Daniel dico che è solo l'inizio. Tecnica e fisico, può essere un nuovo De Bruyne...". Intervista a Walter De Vecchi
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Un incontro in ascensore fu rivelatore: «Questo ragazzo, se imparerà a pensare da calciatore, diventerà un fenomeno». A parlare era Walter De Vecchi e il ragazzo era Daniel Maldini, che lui allenava quando aveva 12-13 anni: «Le capacità tecniche c'erano già, s'intuiva che avrebbe potuto farcela». De Vecchi è l'Avvocato del centrocampo del Milan fine Anni Settanta, l'uomo che i tifosi rossoneri (e anche quelli nerazzurri) ricordano per aver riaggiustato un derby da 0-2 a 2-2 negli ultimi 10 minuti. Poi una carriera da osservatore e tecnico delle giovanili, che ora pratica all'Aldini: «Mi diverto ancora, anche se è più difficile tirar fuori un calciatore».

Com'era Daniel allora?

«È stato un tardivo, perché è cresciuto tardi. Adesso gli è venuta la struttura di papà Paolo ma ai tempi era mingherlino. Si è fatto dai 16 anni in poi, però il talento era già quello».

Ora l'esordio in Nazionale.

«È una cosa bellissima, però attenti: deve migliorare ancora lo sviluppo fisico e caratteriale, non è pronto per essere davvero al top. Questa convocazione gli farà prendere consapevolezza e autostima. Anche perché sta giocando nel Monza che deve lottare per salvarsi, e siccome la vittoria non è che la vedono tanto...».

Però le qualità si vedono anche lì.

«Certo. Se ti accorgi che le giocate in campo ti riescono, che riesci a saltare l'uomo, acquisti fiducia. E poi ha uno strapotere fisico da grande giocatore. Il suo è un cammino, la convocazione in azzurro è una spinta verso l'alto».

Il bello deve venire...

«È solo l'inizio. Anch'io lo mettevo trequartista o come mezzo che si buttava dentro. Se si gli può fare un appunto, è la discontinuità».

Lo dice anche Spalletti. E Daniel ha confermato.

«Però c'è anche l'altra faccia della medaglia: i giocatori di talento non possono correre per 90 minuti. È chiaro comunque che deve aumentare sicuramente il minutaggio del suo apporto alla squadra per eliminare quelle pause lì».

Però...

«Però chi ha in Europa quella grandissima tecnica abbinata a un fisico così? In questo sembra proprio papà Paolo, e se dovessi fare un paragone potrei dire De Bruyne. Daniel è un work in progress per arrivare a quel livello».

Che consiglio dargli?

«Un giocatore è fatto di tre componenti: atletica, fisica e mentale. A lui adesso manca quel pezzettino lì: la testa. Se elimina quelle pause psicologiche può fare l'ultimo passo per scalare la montagna e arrivare in cima».

Per essere un Maldini.

«Lui lo è già per l'amore per il calcio che mostrava sin da piccolo: era sempre col pallone tra i piedi. Un amore che è di famiglia e mi ricordo ancora quello che mi disse il nonno, il grande Cesare, quando Daniel aveva 7 anni».

Cioè?

«Lavoravo come osservatore del Milan, lo incontrai a una partita: Ho due nipoti molto bravi: Christian, ma soprattutto Daniel. Devi vedere che talento che ha. Aveva già capito come sarebbe andata».

Quindi Daniel è più nonno o più papà?

«Sicuramente nella forza è entrambi, quello è un marchio di famiglia. Nel fisico sembra la replica di Paolo, ma per fortuna gioca in un altro ruolo. Non sarebbe giusto fare paragoni, non sono produttivi».

È difficile oggi trovare altri Maldini?

«I ragazzi hanno tante attrattive che li portano via dal calcio, ma non è colpa loro.

Oggi mancano le istituzioni, la famiglia, la scuola: noi giocavamo dieci ore all'oratorio e quello faceva la differenza. Per fortuna ci sono allenatori appassionati e preparati anche tra i dilettanti. E società come l'Atalanta, che con Samaden ha cambiato marcia. Insomma: una luce di speranza c'è».

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