Domani si parte: in nome della pace, di Gino Bartali «Giusto tra le Nazioni» e da ieri cittadino onorario di Gerusalemme. Domani si parte: per la prima volta nella storia lontano dall'Europa, per festeggiare i 70 anni dello Stato di Israele. Domani si parte: veloci, con la crono nella città santa, guardando Roma, che è solo un po' più in là, a 3.546 chilometri, 20 tappe da qui. Domani si parte: a tutta velocità, lungo i 9700 metri previsti per assegnare la prima maglia rosa, che sorride all'ultimo trionfatore olandese Tom Dumoulin, ma solletica anche la fantasia del britannico Chris Froome, e che piace un sacco all'australiano Rohan Dennis, il quale vorrebbe dare un senso al suo Giro fin da subito.
Domani si parte: con Fabio Aru chiamato a tenere su il movimento ciclistico italiano. Senza Nibali - che guarda al Tour - il campione d'Italia è la nostra speranza, l'uomo che può spezzare i sogni e le ambizioni di due uomini che sembrano partire quasi senza avversari: Chris Froome e Tom Dumoulin. Fortissimi nelle prove contro il tempo, in montagna non sono secondi a nessuno, ma Aru ha il ruolo e il compito non solo di salvatore della Patria, ma di guastatore. Fiero e orgoglioso come pochi, Fabio si trova nella posizione forse ideale: quella di osservatore, pronto ad attaccare per far saltare il banco.
Un Giro che unisce Gerusalemme a Roma: un avvio di grandi significati, e delle grandi suggestioni.
«Per me tornare al Giro è già qualcosa di magico, con una partenza così tutto assume un significato più grande e ampio. Lo sport ha questo di bello: unisce e abbatte barriere. Ha davvero una forza immensa».
Parte per il Giro con pochi giorni di corsa nelle gambe, solo 22, ma tanta voglia di far bene. Questo sarà per lei il primo vero banco di prova della stagione?
«Negli ultimi anni forse ho pagato un po' troppo nel finale, per questa ragione quest'anno non ho voluto esagerare. Mi sono preservato, per arrivare alla terza settimana di un grande giro in crescendo. Questa è una scelta dettata dall'esperienza, ed è una scelta condivisa con il mio team. Nel ciclismo moderno è necessario scegliere, programmare, non si può fare tutto. Non si può essere sempre al cento per cento. Al recente Tour of the Alps ho potuto confrontare la mia ultima partecipazione con quelle di qualche anno fa. Bene, abbiamo verificato che in ogni tappa ho prodotto almeno 30 watt medi in più. Insomma, si va sempre più forte».
Questo Giro per lei sarà una sorta di esame della verità?
«Questo Giro per me è un grande obiettivo, e come sono solito fare cercherò di dare tutto per ottenere il massimo».
È un Giro con solo 44 km contro il tempo, ma tanta salita in più. Si comincerà già dalla sesta tappa, con l'arrivo all'Etna.
«Quel versante sarà molto più duro. A metà, ci sono due chilometri che si fanno sentire e negli ultimi 3-4 km ci sarà da dare il massimo. Poi quel versante, generalmente, è molto più protetto e meno esposto al vento, quindi ci potrà essere maggiore battaglia, quindi maggiori differenze».
Ci sarà anche lo Zoncolan.
«Basta il nome, basta la parola. Su quelle pendenze può succedere davvero di tutto. È considerata la salita più dura d'Europa, e lì spesso si sono decisi i Giri d'Italia, come nel 2010 con Ivan Basso. Ma io attendo con trepidazione anche il Colle delle Finestre e il suo sterrato. Lo conosco, ho dolci ricordi, e mi piacerebbe poterne vivere di nuovi».
Le crono la preoccupano?
«Beh, non dico nulla di nuovo se affermo che non sono un drago nelle prove contro il tempo e che Froome o Dumoulin sono molto più competitivi del sottoscritto, ma di terreno per rompere le uova nel paniere a quei due ce n'è da vendere».
Froome e Dumoulin gli uomini da battere. Lei ago della bilancia. Chi sono altri corridori che potrebbero anche fare comodo alla sua di causa?
«Loro due partono certamente in pole-position, ma c'è un nutrito gruppo di corridori, me compreso, che non si daranno per vinti in partenza, ad incominciare da Pinot, Miguel Angel Lopez, Bennett, Yates, Chaves e i nostri Domenico Pozzovivo e Davide Formolo. Se si vuole fare corsa dura, la si può fare. Gli interpreti non mancano».
Sarà felice se a Roma...
«Arrivo felice. In ogni caso correre il Giro è già un buon motivo per stare bene. Cosa chiedo a me stesso? Voglio regalare e regalarmi emozioni. Se ci riuscirò, sarò un uomo felice».
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