"Io più veloce di Alonso e l'offerta di Briatore"

L'ultimo italiano ad aver vinto a Monte Carlo: "Flavio lo ringrazierò sempre. Ma facciamo vite diverse"

"Io più veloce di Alonso e l'offerta di Briatore"

Jarno Trulli ha la velocità scritta nel nome. Papà Enzo lo ha chiamato così in onore del finlandese Saarinen che andava veloce sì, ma su due ruote.

Il piccolo Jarno ha sempre preferito le quattroruote fino ad arrivare a correre 252 gran premi in 15 anni di Formula 1, ultimo pilota italiano ad aver vinto a Monte Carlo. L'anno prossimo saranno passati 20 anni da quella che, non per colpa sua, è rimasta anche la sua unica vittoria.

Dove tiene quella coppa?

«L'originale l'ho regalata a Lucio, il mio amico-manager. Gliel'avevo promessa da quando da ragazzino ha cominciato a seguirmi prima come meccanico sui kart, poi come amico e manager».

L'amico di una vita.

«Mi conosce da quando sono nato. È il cugino della persona che andava a fare gare sui kart con mio padre per divertirsi e che mi aiutato all'inizio. Lucio era lì con lui e mi ha visto cominciare e crescere. Non ci siamo mai lasciati e oggi mi sta aiutando anche con mio figlio Enzo che a 18 anni sta provando a fare il pilota».

Non sembra male Enzo.

«Si sta divertendo, ma era diventato impossibile continuare a correre in Europa. Costi folli anche per me che qualcosa con la Formula 1 avevo messo da parte. Enzo ha vinto subito in Formula 4 UAE, poi siamo andati in Giappone».

Dove ha cominciato a vincere.

«In Giappone sta andando fortissimo: sei podi in sei gare con tre vittorie, due secondi posti e un terzo. È un sacrificio, ma a lui piace e attraverso il Giappone si possono fare tante belle cose».

E papà Jarno è tornato in pista?

«Lo seguo. Sono appena stato un mese in Giappone. Poi mi dedico al vino, alla mia cantina in Abruzzo».

Segue ancora la Formula 1?

«Sì, la guardo. Anche se è cambiata radicalmente rispetto a quella che ho vissuto io. La tecnologia è andata avanti e ha preso ancora più potere rispetto al pilota. E poi è cambiato del tutto il business model. Una volta la Formula 1 era sport, competizione. Oggi Liberty Media l'ha aperta a tanti mercati, cosa che fa bene a livello economico, ma a livello sportivo ha sotterrato un po' tutto».

Che cosa cambierebbe?

«Già i 24 Gran premi sono tanti. Per chiunque ci lavori. È un sacrificio, ma oggi i team guadagnano tutti, ai miei tempi ce n'erano tanti che ci rimettevano. Oggi fanno la Formula 1 per guadagnare. Una volta per provare a vincere e non importava se spendevi invece di guadagnare».

Una volta c'era più passione.

«Il business l'ha un po' spazzata via. Oggi hai dei business man... e l'anima vera della Formula 1 è un po' sparita».

Come sono i piloti di oggi?

«È impossibile giudicare il talento di un pilota. Il sostegno economico fa la differenza. Se tu puoi fare tre, quattro programmi migliori di sicuro».

Qualche giovane buono però sembra ci sia...

«Il talento non emerge più. Alla fine c'è stata più una lotta economica che sportiva. È emerso chi aveva più disponibilità. Però Verstappen, Leclerc e Norris li metterei tra quelli che hanno qualcosa in più. Anche Russell dovrebbe stare lì, ma quando Hamilton ha le cose a posto... La vecchia guardia non molla».

Anche il suo vecchio compagno Alonso è ancora lì.

«E fa bene. Ci sentiamo ogni tanto. Se penso che finchè sono stato suo compagno avevo 16 punti in più... Se guardo i numeri...».

Rimpianti?

«Sicuramente poteva andare meglio, però se guardo da dove ho cominciato. Mi ritengo una persona fortunata. Avrei potuto, dovuto e anche meritato di fare di più però sono sempre stato nel posto sbagliato al momento sbagliato».

Tutta colpa di Briatore?

«No, Flavio lo devo ringraziare comunque. Certo è stato difficile quando era sia mio manager che mio datore di lavoro. Più che fare l'amico faceva il nemico...».

Come andò?

«Io ero in scadenza e lui aveva appena firmato Alonso... Voleva rinnovare il contratto da manager per 10 anni, ma nello stesso tempo con la camicia del Team principal mi offriva un contratto sfigato. Non ho firmato nulla. E mi ha fatto le scarpe».

Lo vede o lo sente ancora?

«Facciamo vite diverse».

Diplomatico e realista. Jarno non è tipo da Billionaire. Mai pensato se al posto di Alonso ci fossi stato io...

«Io però sono andato via... lui è rimasto lì e ha vinto due campionati... A me resta di aver fatto più punti quando eravamo insieme e di aver battuto altri compagni scomodi come Frentzen o Button che poi è diventato campione».

In Toyota poteva andare meglio?

«La Toyota era la scelta giusta e avrebbe dovuto pagare. Quando le cose hanno cominciato ad andare bene però hanno chiuso il programma».

La sua gara più bella?

«Di gare belle ne ho fatte davvero tante, non solo quelle che ho finito sul podio. Riuscire ad arrivare a punti certe volte era una vera impresa. Ricordo la Malesia, il Bahrain».

Rivedremo presto degli italiani in Formula 1?

«Antonelli è sostenuto in maniera pesante dalla Mercedes e può fare bene. Anche Minì è sostenuto molto economicamente. Loro hanno anche la forza economica per arrivare».

Aspettando Enzo.

«Lasciamolo crescere. Intanto deve finire la scuola. Oggi c'è gente che in Formula 4 spende un milione di euro in una categoria nata per costare 150-200 mila euro. È una vergogna. Sono cifre assurde».

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