ItalAtletica ai mondiali pensando a Tokyo con il solito pesante testimone del nuoto

Dopo i trionfi in vasca, tocca alla pista: da qui parte il progetto olimpico

Benny Casadei Lucchi

L'atletica italiana prova ad allungare il braccio per ricevere il testimone dal nuoto. Lo deve allungare molto, quel braccio. A complicare terribilmente il passaggio è infatti il peso, sembra piombo quel testimone. Perché i ragazzi dell'acqua reduci dalla rassegna iridata appena conclusa a Budapest hanno portato in Italia sedici medaglie: tre ori, quattro argenti e nove bronzi. Un bottino che i giovani di oggi definerebbero «tanta roba» e i non più giovani di oggi commentano sgranando gli occhi consci che si tratta di record mondiale per la federazione guidata da Paolo Barelli.

Da domani al 13 agosto, all'Olympic Stadium di Londra, avrà ben altri obiettivi e pensieri il suo collega presidente Alfio Giomi, alle prese con i mondiali d'atletica e quel ricambio generazionale che il pari poltrona natatorio aveva affrontato ai tempi della Pellegrini piccina di Atene 2004. «È un mondiale che profuma di olimpiadi», ha scritto Giomi alla vigilia, «perché apre il quadriennio che porta ai Giochi di Tokyo 2020, anni in cui l'atletica italiana dovrà completare il processo di ricambio avviato da qualche stagione». Perché i giovani ci sono, perché il lavoro sul campo è stato fatto e viene fatto, perché il direttore tecnico delle nazionali giovanili, Stefano Baldini, è tornato dagli Europei Under 23 di Bydgoszcz con otto medaglie di cui tre d'oro: quelle di Yeman Crippa nei 5000, Yohanes Chiappinelli nei 3000 siepi e Ayomide Folorunso (400 hs), lei talentuosa figlia sportiva di Maurizio Pratizzoli e del vivaio inesauribile di Fidenza. Quarto emergente arruolato fra i grandi, il più esposto di tutti, è il 19enne sardo-milanese Filippo Tortu. Esposto perché la sua corsa ricorda quella di Berruti e le sue distanze, 100 (oro europeo under 20 a Grosseto, 10"73 vento contro -4,3) e 200 (20"34 al Golden Gala, 4° crono all time in Italia), fanno ovviamente sognare. A Londra farà i 200. Per tutti loro, comunque, la vera medaglia sarà arrivare in finale.

Il testimone ricevuto dal nuoto pesa perché oltre ad essere pieno di metalli preziosi, l'italatletica arriva nello stadio olimpico con addosso ben altro gravame: lo zero secco nel medagliere ai mondiali di Pechino 2015 replicato, complice anche un discreto quantitativo di sfiga, un anno dopo e un anno fa ai Giochi brasiliani. A suo modo un record anche questo: erano sessant'anni che l'Italia non portava a casa nulla da una rassegna a cinque cerchi. E qui si inseriscono la sfortuna di cui sopra e le possibili, poche e un po' pazze per la verità, speranze di medaglia.

Perché Antonella Palmisano, 4ª a Rio nella 20 km di marcia, punta al podio e perché, sempre a Rio, lo sanno persino pedane, materassi e asticelle che senza l'infortunio di Monte Carlo, avvenuto quindici giorni prima, Gian Marco Tamberi avrebbe preso medaglia. A Londra, il 13, sarà altra storia. Gimbo ci arriva dopo un miracoloso recupero e con un 2.28 come miglior prestazione. Ma è Gimbo, per cui tutto è possibile.

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