Terza o quarta cambia poco. Anzi, proprio un bel niente. Cambia l'albo d'oro della federcalcio e poc'altro ancora. Perciò la finale di consolazione di Salvador (arbitra un algerino, si salvi chi può) è un passaggio obbligato ma senza sentenze da emettere o giudizi universali da riscuotere. L'Italia di Prandelli è arrivata a questo epilogo sulle gambe. Molti senatori han ceduto lungo la strada: Barzagli, Marchisio e Pirlo i più importanti del plotone uscito spolpato dalla semifinale con la Spagna, durata 120 minuti e chiusa dal 14° rigore. Prima di loro Abate e Balotelli sono rientrati in anticipo per via di un paio di ko senza rimedio alcuno. Infine, nella lista del dottor Castellacci, sono stati iscritti d'ufficio De Rossi, Gilardino e Chiellini sopraffatti dalla stanchezza e dai crampi. Non si può pretendere dallo schieramento di quest'oggi corsa, forza e talento balistico per mettere sotto l'Uruguay che è più riposata (un giorno in più e due supplementari in meno) e forse anche più motivata (sfogare la delusione per la sconfitta nel derby col Brasile).
Il ricordo più aderente si perde nella notte dei tempi. Finalissima del mondiale '94 negli Usa, a Pasadena, sotto un sole bollente e con umidità al 90%. Allora Arrigo Sacchi andò nello spogliatoio azzurro e interrogò i massaggiatori al lavoro con i muscoli degli azzurri. «Mister, non ci sono più muscoli» lo informarono. Eppure per iscrivere il Brasile campione del mondo ci fu bisogno di supplementari e rigori.
Prandelli, come Arrigo a quel tempo, per decidere schieramento e scelte deve passare in rassegna all'infermeria e chiedere lumi a medico e fisioterapisti. Nessun indizio dagli allenamenti, sono ormai banditi, c'è la nausea in alcuni che pensano solo a dormire e a recuperare energie vitali. Perciò se ha un senso questa sfida con l'Uruguay, rappresenta l'occasione per taluni mancati protagonisti di guadagnarsi un po' di credito e per altri azzurri, rivelazione del torneo, per portare a casa il certificato di garanzia mondiale. «Stimiamo e ammiriamo molto lo spirito dell'Uruguay - dice il ct -. Ho allenato molti giocatori uruguaiani e so cosa sentono quando indossano la maglia della nazionale. È una squadra che ha grande temperamento e qualità, un attacco con doti straordinarie, per noi, dal punto di vista tattico, è la partita più difficile da preparare». I tre promossi a pieni voti nel pagellino di Prandelli sono Giaccherini, Candreva e il baby De Sciglio, uscito contro la Spagna non per demeriti ma solo perché inadatto al modulo del 3-4-1-2. Cerci, Diamanti e Gilardino hanno invece mostrato limiti e scarso profitto a livello internazionale così da ripensare al loro utilizzo anche durante il girone di qualificazione del prossimo autunno. Eppure è uno, e uno soltanto, il maturo Riccardo Montolivo che deve assumersi questa sera, a dispetto del suo stato di salute, la responsabilità presente e futura di rimpiazzare Andrea Pirlo. Lo ha già fatto, a modo suo, nel Milan di Allegri, specie dopo il ko di De Jong e in coincidenza con gli acciacchi di Ambrosini. Ha un solo concorrente da cui guardarsi, l'abruzzese Verratti che potrebbe trovare poco spazio nel nuovo Psg di Blanc.
Montolivo, Buffon, Bonucci sono i reduci a cui affidare le sorti di questa finalina giocata in condizioni ambientali folli: alle ore 13 locali, pensate, con chissà quanti gradi e la necessità di dover rifiatare. Perciò l'organizzazione diventerà fondamentale: mai rincorrere l'Uruguay. Il tema del giorno è sempre lo stesso: così conciati, gli azzurri saranno in grado, senza Balotelli, di produrre almeno un gol? I più freschi del gruppo devono trascinare tutti gli altri.
Toccherà a El Shaarawy? «È arrivato vuoto e provato dopo una stagione così importante per lui» chiosa il ct. «Non servono schemi e nemmeno geometrie. Possono bastare un paio di lanci calibrati e il coraggio degli uomini veri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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