"Lei e la sua famiglia, che forza"

Il professore del Galeazzi che l'ha operata: "Bebe sorride sempre"

"Lei e la sua famiglia, che forza"

Ospedale Galeazzi di Milano, mese di aprile. Bebe Vio si presenta al professor Riccardo Accetta, si conoscono da anni. Lui è un riconosciuto ortopedico mani d'oro, con testa e cuore da impenitente vecchio ragazzo, l'ha già seguita per altri piccoli problemi sui monconi. Lei stavolta ha un gomito che non guarisce da un'infezione. Accetta vede, la ragazza il giorno dopo è in sala operatoria.

Professore. è vero che Bebe ha rischiato di morire?

«Più che altro ha rischiato di perdere il braccio sinistro, quello con il quale tira. Certo, se l'infezione fosse andata più avanti c'era anche quel timore».

Cosa era successo?

«Era in cura, per un'infezione articolare, con terapie antibiotiche prescritte dai medici federali. Ma non sempre bastano gli antibiotici, e l'infezione continua a far danno. Ci sono problemi con la membrana sinoviale».

Quindi la situazione era già critica?

«Da risolvere immediatamente. È stata aperta l'articolazione, ripulita la parte, tolto tutto quanto possibile cercando di rimuovere l'infezione. Il problema era salvare l'articolazione: se non riesci a dominarle, le infezioni vanno avanti. E devi amputare più in alto. Poi il professor Luca Vaiventi ha lavorato sulle cicatrici con un'ottima chirurgia plastica. Il fioretto ha un invaso e la ferita poteva dare fastidio».

Il rischio di morte?

«In caso di infezione sistemica, si muore per setticemia».

Degenza lunga, paziente inquieta?

«È rimasta 15 giorni. Un po' impaziente. Ma lei è una ragazza pazzesca e così i suoi genitori: hanno una forza d'animo gigantesca. Se non supporti bene questi ragazzi, non sai mai come finirà».

Ma Bebe?

«È solare, sorride sempre. Sa perchè non ha voluto dire la ragione della rinuncia alla gara di sciabola? Per non cercare giustificazioni, se qualcosa non fosse andato bene».

E, fra l'altro, ha avuto solo 4 mesi

per allenarsi

«È rimasta ferma tutto aprile. Non immagina cosa ha fatto per recuperare. Al confronto Rocky-Stallone, quando si tortura andando su e giù per gli scaloni, con tanto di famosa musichetta, era un pirla».

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