L'Italia bollita adesso piace. E Mancini rischia l'esonero

Le partite di Nations hanno promosso le scelte di Spalletti, l'ex ct litiga con gli arabi e gli inglesi si affidano ai tedeschi

L'Italia bollita adesso piace. E Mancini rischia l'esonero
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L'Inghilterra che si affida a un commissario tecnico tedesco; il Brasile che vuole chiudere le frontiere ai suoi talenti emigrati. E dire che l'Italia pensava di essere messa male, dopo quell'aperitivo europeo di inizio estate andato di traverso a Berlino contro la Svizzera. Il dubbio con le sembianze di certezza per tanti che Roberto Mancini avesse avuto ragione ad abbandonare la nave. Un anno dopo il Mancio se la passa male in Arabia Saudita, tra litigi con i tifosi e l'accusa dalla federazione: «Due punti in tre gare: inaccettabile». E i dirigenti starebbero pensando all'esonero, ma secondo altre ricostruzioni Mancini starebbe pensando a un'altra fuga, stavolta dal ricco deserto. Non siamo alla rivincita, ma l'impressione è che gli azzurri si siano invece ritrovati dopo le quattro gare di Nations League. Il progetto di Luciano Spalletti che porta al Mondiale 2026 ormai ha delle basi solide. Dopo due edizioni passate a guardare gli altri, non bisogna dimenticarlo.

Tra le storiche grandi l'Italia è in una terra di mezzo, vede la luce in fondo al tunnel. Resta dietro all'Argentina, alla Spagna ma anche alla Francia che pure ha battuto 3-1 a Parigi non più tardi di un mese fa. Bleus che però sono alle prese con un caso di geopolitica: Mbappé. Dietro la recente accusa di violenza sessuale ci sarebbe il Psg, il sospetto da fanta thriller in ambienti vicini alla stella del Real Madrid. Dunque saremmo al club-stato dello sceicco che colpisce l'uomo immagine dei bleus. Anche in una nazionale che sforna talenti a ripetizione come quella del bistrattato Deschamps, il contraccolpo sarebbe inevitabile.

Non è un'ombra ma realtà lo sbarco di Thomas Tuchel sulla panchina dell'Inghilterra con tanto di benedizione dei reali: «Siamo con te». Un tedesco chiamato a riportare Oltremanica, sessant'anni dopo lo scippo proprio alla Germania, la coppa del mondo. Anzi, un trofeo. Un cortocircuito, difficile trovare una sintesi migliore. Tuchel è il terzo straniero a provarci, dopo Eriksson e Capello. Nomi che rendono l'idea di una mission impossible. Un tedesco accreditato da quell'impresa compiuta alla guida del Chelsea: vincere la Champions in sei mesi come Di Matteo. Gli inglesi che non hanno esitato a votare la Brexit, pescano dal cuore dell'Europa quando si parla di pallone.

Se l'Inghilterra chiede aiuto fuori dai confini, il Brasile che fatica nelle qualificazioni al mondiale 2026, vive uno stato confusionale. Esplicitato dal presidente Lula, che già si era messo di traverso alla candidatura per la Seleçao di Carlo Ancelotti. Ora si spinge oltre auspicando una chiusura delle convocazioni ai calciatori che giocano all'estero. Il modello è quello dell'Inghilterra del rugby. Lula si è addirittura spinto in considerazioni tecniche: «Non ci sono Garricha o Romario che giocano fuori».

Basta scorrere i nomi da Vinicius, Endrick e Rodrygo a Raphinha e Alisson ed è difficile pensare che senza di loro il Brasile abbia più possibilità di vincere la coppa del mondo dopo 24 anni. Un digiuno più lungo anche di quello azzurro.

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