E adesso? Adesso che questo ragazzo morbido come il proprio cognome ha riportato in Italia un mondiale che mancava da otto lunghi anni, tanto è trascorso da quel Vale Rossi che pareva inarrestabile, adesso come facciamo a montare in sella alla sua Moto2 per festeggiare con lui? Come possiamo, dopo che per mesi, mentre vinceva a ripetizione, eravamo sempre troppo presi a narrare le gesta dei big italici della MotoGp? Come ci permettiamo di celebrarlo adesso dopo averlo snobbato presi com'eravamo e siamo dai Valentino e i Marquez e i Dovizioso e le Ducati e persino gli Iannone e le Belen? Con che coraggio ci accingiamo, ora, a raccontare di Franco Morbidelli, dei suoi 22 anni, di questo romano trapiantato a Tavullia «perché se vuoi fare il pilota è lì che devi crescere» gli aveva detto papà Livio, ex pilota da sempre amico di Graziano Rossi? Con che faccia scaviamo nella sua vita con l'invadenza di chi lo fa all'ultimo momento scoprendo che i soldi erano pochi, che niente motomondiale all'inizio, meglio l'europeo Superstock 600, scelta rischiosa, e che mamma è brasiliana, che papà, questo papà importante come non tutti i papà sanno essere, è morto due anni fa proprio quando Franco aveva appena iniziato l'avventura in Moto2? Come è possibile non provare imbarazzo sentendosi in debito verso un giovane troppo a lungo ignorato e che in silenzio ha costruito un trionfo reso più difficile perché conquistato avendo per compagno nel team Marc VDS un ragazzo di nome Alex Marquez, fratello predestinato a gloria radiosa?
E pensare che c'era stato un tempo in cui a nessuno, neppure al meno attento degli appassionati italiani, sarebbe sfuggito un solo Gp di Morbidelli. Era il tempo in cui questo Paese, orfano dei trionfi di Agostini e Lucchinelli e Uncini, non toccava più palla nella classe regina. Se solo una giornata come ieri fosse arrivata prima della meravigliosa e ingorda era di Valentino Rossi, sarebbe stata tutta un'altra storia, un'altra festa, un'altra consacrazione. Invece eccoci a parlare di Morbidelli inevitabilmente distratti dal Dovi e dalla Ducati. Eppure sembra ieri, ma non è ieri, che i quattro mondiali 250 - la classe sostituita proprio dalla Moto2 - del Corsaro Max Biaggi riempivano i nostri giornali e tv relegando a piccole cose le vittorie a ripetizione nella classe regina di fenomeni stranieri come Schwantz, Rainey e Doohan. Sembra ieri che Vale Rossifumi con le sue scorribande vittoriose in 125 prima e 250 poi toglieva spazio e titoli e tv ai big stranieri solo perché in 500 l'Italia non aveva nessuno all'altezza di farla sognare.
Come facciamo allora, adesso che nella classe regina abbiamo da anni campioni in grado di vincere, come facciamo a scusarci con Morbidelli per aver a lungo sotto pesato le sue vittorie presi com'eravamo e siamo dalla MotoGp dove lui approderà l'anno prossimo? Facciamo che semplicemente non ci sono scuse, non c'è perdono, facciamo che è molto meglio far finta di nulla e montare in sella alla moto del vincitore per esaltarlo adesso, all inclusive e all you can eat, ingurgitandone la vita e questa magnifica cavalcata mondiale come se l'avessimo sempre seguito e sempre saputo.
D'altra parte non possiamo fare come Valentino che, quasi avesse voluto scusarsi con i piloti italiani delle classi minori a cui i suoi successi avevano tolto ribalta e riflettori, da tempo ha creato la VR46 Academy prendendo con sé, per lanciarli, tanti giovani di belle speranze. Il primo iscritto arrivò una manciata di anni fa. Aveva e ha un nome morbido. Da ieri è campione del mondo.
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