Romelu Lukaku sta abbattendo non solo a spallate le certezze di Inzaghi, anzi lo sta facendo soprattutto con i gol, 7 nelle ultime 6 partite in cui ha giocato da titolare in campionato. C'è voglia di LuLa e la lunga attesa di Istanbul si consumerà su questo dubbio. Quelli che spingono perché Inzaghi non cambi e punti ancora su Dzeko come ha fatto in tutte le partite di Coppa, paradossalmente pensano che Lukaku sia un cambio migliore, un boost da spendere dopo un'ora di gioco. Ma chi ha detto che a quel punto ci sarebbe ancora equilibrio e che basterebbe un innesto a spezzarlo? Big Rom ha fisico, passo, voglia per provare a travolgere la difesa del City. Dzeko è classe e intelligenza, ma Inzaghi sa quanto corrono e come lo fanno i ragazzi di Guardiola. Ora che Lukaku sta bene, può fare anche la guerra e se la finale non fosse una guerra, la vittoria del City sarebbe scontata.
Il gol all'Atalanta e più ancora l'avvio di quello segnato dal gemello Lautaro sono la conferma che la LuLa è tornata, come dicono i numeri e come entusiasticamente Big Rom ha annunciato su Istagram («Benvenuti al LuLa Park»). I numeri sono con loro, soprattutto certificano la leadership del Toro, che nelle ultime 7 partite di campionato ha segnato 7 volte, pur giocando solo 1 da titolare. Osihmen è volato via e con lui il titolo di capocannoniere, ma Lautaro è arrivato a 28 gol in stagione, il doppio di Lukaku (10 in campionato), che però ha ovviamente giocato molto di meno. Sommati, fanno 42 gol. Nel 2021, l'anno dello scudetto, Lukaku arrivò a 30, Lautaro a 19, cioè 49 in totale. Insomma nemmeno lontanissimi e con quel che è successo a Big Rom pare un'impresa.
C'è tempo per capire il futuro e si sa che non dipende dall'Inter e nemmeno da Lukaku. Resta o va via? Gioca o non gioca? I grandi dubbi in nerazzurro oggi ruotano intorno a Big Rom, che dopo il gol all'Atalanta ha platealmente esultato, indicando di volere restare in questo stadio, il suo stadio (almeno finché non lo abbattono). Dipenderà soprattutto dal Chelsea, che deve accettare un altro prestito, ma anche lui deve fare la sua parte, visto che l'Inter gli ha già fatto sapere che dovrà darsi una bella sforbiciata all'ingaggio, superiore agli 8 milioni netti.
«Non avrei mai osato pensarci in finale e invece ci siamo arrivati con merito», ha firmato il presidente Zhang a margine del GP di Monaco. «Sapremo farci trovare pronti e la squadra arriverà caricata nel modo giusto».
Dal 1° aprile all'altra sera, 57 giorni, l'Inter ha giocato 17 partite, in media una ogni 3 giorni e mezzo, cioè 3 a settimana per 8 settimane. Battendo l'Atalanta e centrando aritmeticamente la qualificazione alla prossima Champions, Inzaghi s'è guadagnato una settimana fondamentale per preparare l'appuntamento con la storia. Riposo, ripresa, lavoro, partita senza pressione col Torino e quindi Istanbul.
Tutto perfetto, meno l'infortunio di Mkhitaryan, fin qui l'unico vero intoppo sulla rotta della finale. L'armeno dovrebbe farcela, ma arriverà alla sfida col City fuori condizione e certo non in grado di giocare dall'inizio. Giovedì visita di controllo in Francia per Skriniar, che però non gioca da quasi 3 mesi.
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