Dategli una stella. Allo Juventus Stadium. Perché Wojciech Szczesny ha confermato anche ieri di essere un signore degno della Signora: quella che, pur nella costante e ossessiva ricerca della vittoria, faceva dello stile e del garbo il proprio marchio di fabbrica.
Così ieri, pochi giorni dopo avere dato l'addio al calcio, il portiere polacco ha raccontato i retroscena del confronto con la società in un'intervista pubblicata dal canale youtube di Luca Toselli: «Le mie sette stagioni in bianconero (tre scudetti, altrettante Coppa Italia e due Supercoppe, ndc) sono state una sfida personale non semplice. Quando ti capita l'avventura della vita e fai così bene, vivi una sensazione bellissima. Avrei voluto aiutare la squadra anche quest'anno, ma non è stato possibile e non è dipeso da me».
Avrebbe potuto essere il prologo a uno sfogo anche duro nei confronti dei propri ex datori di lavoro e invece no. Perché, con garbo ed educazione, Tek ha espresso il proprio punto di vista senza andare contro nessuno: «Non mi aspettavo di trovarmi fuori dal progetto, non l'avrei mai immaginato. Ho parlato molto sinceramente con il ds Giuntoli all'inizio della scorsa stagione: ci siamo seduti in una stanza per tre minuti e gli ho detto che alla fine della stagione 2024/25 mi sarei ritirato. Poi ho iniziato a leggere le notizie che parlavano della trattativa tra il club e Di Gregorio: è un portiere che stimo, ma potevo immaginare uno scenario in cui Perin volesse andare via e lui fosse il secondo».
Invece, come non detto: Perin è ancora al suo posto e a Szczesny è stato poi comunicato di essere fuori dai giochi. «È stata una scelta della società, non la condivido ma l'accetto. Avrei voluto fare un altro anno in bianconero, sentivo di poter dare ancora tanto: dopo la Juventus, però, non ero pronto per altre sfide. Anche se non sono d'accordo con la scelta del club, non ho alcun rammarico verso Giuntoli. Rispetto la società, anche loro sono stati rispettosi nei miei confronti durante l'estate. Resterò un tifoso della Juve».
Applausi, insomma.
A un calciatore mai banale, a una persona con mille interessi anche extra calcio (architettura, musica, meditazione) e a un ragazzo che si è fatto volere bene ovunque sia stato: senza farne un eroe, si merita una stella che ne riconosca fino in fondo le qualità. Dentro e fuori dal campo.
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