Alte, belle, sorridenti e spiritosamente olimpiche. Nel senso non di battute, nel senso di spirito olimpico, di De Coubertin, dei valori alti e nobili del partecipare e del divertirsi. Perché Marta e Greta, le nostre dee del beach volley, «enjoy their life», si godono la vita anche in questo recinto worldwide e supermilitarizzato che sono i Giochi. La riprova ieri nel villaggio olimpico, sulle note dei Queen, nel senso di complesso, e di «bicycle» e di «we are the champions» e anche di Mameli, ci mancherebbe, mentre andava in scena l'alzabandiera azzurro e faceva un caldo bestia e tutti erano accaldati e un'anglo signora dell'organizzazione sveniva e il presidente del Coni Petrucci parlava di «quest'Italia sedentaria» e i tecnici azzurri coccolavano i propri atleti in piedi sotto il sole. La riprova non appena tutto è finito, quando un corale «su, torniamo in palestra, in camera, ai massaggi» ha accompagnato il fuggi fuggi generale per scappare dal sole. Alte, belle, sorridenti. Solo Marta Menegatti e Greta Cicolari sono rimaste lì, nella loro palestra itinerante, una palestra chiamata sole.
«È vero, adesso si parla tanto di noi» sorride Marta, la più giovane, 22 anni, «e meno male che succede, è merito dei successi
». Certo, eccome, dei successi, ma anche di quel metro e ottanta di altezza, fianchi da modelle, gambe da gazzelle, sorrisi hollywoodiani e foto in palestra, quella palestra chiamata sole e sabbia che è il beach volley. «Essere belle aiuta in questo sport» ammette Greta, 30 anni, «però non aiuta a vincere, aiuta a fare pubblicità, a dare immagine a questo sport. Però il beach è proprio bello, ti migliora la qualità della vita».
Eccolo lo spirito olimpico, la competizione come partecipazione ed enjoy your life. Ma se nel mondo del lavoro la qualità della vita significa avere più tempo libero, nello sport qualità di vita che cosa significa? «Vuol dire praticare» sorride ancora Greta «ma anche andare a guardare una disciplina divertente per tutti, con un clima diverso, uno sport che si esprime in un ambiente lontano anni luce dalle palestre, dal chiuso, uno sport che per allenarti d'inverno sei costretto a volare in Brasile, in spiaggia a Rio, in Thailandia, in spiaggia a Puket».
Poi, naturalmente, servono anche i risultati, e Marta e Greta hanno acchiappato pure quelli. Certo, ci sono i colossi americani, ma possono dire la loro per le medaglie, visti i sei podi nel World tour, visto il quinto posto nel ranking mondiale e visto che il sorteggio è stato solare perché la fortuna, in spiaggia, si chiama così, per cui sono uscite inglesi, canadesi, russe, insomma ce la si può fare.
Nuovo dilemma quindi per genitori e ragazzine con la pallavolo nel sangue: meglio il volley o il beach? «Li ho praticati entrambi» sorride Greta, perché nel beach volley non si parla, non si dice, non si argomenta, nel beach si sorride, «e allora ripeto che per qualità di vita è meglio e poi la sabbia perdona molto di più le tue gambe» nel senso
di scricchiolii, infortuni, «e la carriera dura fino ai 30, 40 anni».Sabbia rigeneratrice dunque, ma resta il dubbio grande che a rigenerare le ragazze del beach siano le spiagge di Rio e Puket. Dubbio col sorriso, però.
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