Il Maledetto United: quei tremendi 44 giorni di Brian Clough al Leeds

Nel 1974 Clough lascia il Derby County per allenare gli odiati rivali: quello che ne consegue è un ammutinamento senza precedenti

Michael Sheen in una scena del film
Michael Sheen in una scena del film

Il vento che pettina lo Yorkshire è una carezza gelida. Palpebre socchiuse. Riva meridionale del fiume Aire, ad una manciata di passi dal Royal Armuries. Allungando lo sguardo si scorge anche una grande area industriale che si aggroviglia in braccio a Call Lane. Comincia già a tappezzarsi di pub pronti a lenire le fatiche di tutti quegli operai sfibrati dal sudore. Leeds: è questo il posto.

Nel 1974 un terremoto interiore squassa la locale comunità pallonara: Don Revie, guru del club, ha deciso di premere idee e completi in valigia per accettare il ruolo di manager della nazionale inglese. Cratere emozionale: i tifosi si scrutano con occhi acquosi. Si sentono smarriti, desolati. Come quando la fidanzata perfetta assume un tono grave e una domenica mattina, in piedi accanto al letto, ti trafigge: “Senti è stato bello, ma adesso mi trasferisco in un appartamento migliore”.

Arcigno e risoluto, Don Revie non è però il tipo che ignori dove stia di casa la riconoscenza. Se ne andrà, d’accordo, ma è intenzionato a lasciare il club che lo ha idolatrato in buone mani. Per riuscirci si umetta la punta dell’indice e scorre una rubrica che racchiude pochi nomi scrupolosamente selezionati. Poi inforca il telefono e contatta uno dei suoi sherpa: “Sì, hai capito bene, non sto scherzando. No, non è così strano, ho scelto lui”.

Lui è Brian Clough, tecnico di quel Derby County che – risollevato dall’infamia della second division – è tornato a competere ai livelli apicali del calcio inglese. Fino a vincere il titolo. In faccia al Leeds. Apriti cielo. “Il Maledetto United” (Damned United nella versione originale), pellicola diretta da Tom Hooper (quello che ha incassato quattro oscar con Il Discorso del Re) racconta magistralmente il cataclisma generato da questa scelta.

Clough non fa per il Leeds e lo United non c’entra nulla con Clough. La contraddizione è evidente: negli anni precedenti Brian non ha perso occasione per distribuire fendenti agli Whites, accusati di comportamenti deprecabili in campo. Ora accetta di allenarli. Il Leeds di Revie fluttuava costantemente ai limiti della scorrettezza sportiva, dell’intimidazione elevata a quella violenza che non può essere derubricata a sano spirito agonistico. Certo, c’era molto di più e di meglio in quel gruppo, ma il bollino con cui si aggiravano per mezza Inghilterra era comunque quello.

Il film, un biopic che indaga l’uomo dietro il manager per strizzare l’occhio anche ai non appassionati di movimenti pedatori, viaggia rapido come quei 44 terribili giorni trascorsi in sella ad un purosangue riottoso, riluttante ad ogni briglia. “Mister, non provi ad essere mio amico”, lo avverte Billy Bremner al suo arrivo ad Elland Road. Un ammonimento che suona come una minaccia perché, a tutti gli effetti, è una minaccia. Clough, personaggio dal temperamento sanguigno, prova a fare qualcosa che non gli appartiene: si improvvisa puritano. Intende redimere questo gregge finito fuori giri. Le espressioni affrante distribuite in sequenza da Micheal Sheen rendono giustizia soltanto parziale alla realtà dei fatti.

Perché quei 44 giorni si rivelano un autentico girone infernale. La squadra non lo segue. Nelle partitelle i giocatori entrano duro sulle sue caviglie. Clough è il tizio contro cui veniva sputato sangue. Il nemico giurato. Non esiste che adesso venga ascoltato. L’ammutinamento è pressoché generale.

Mollato anche dal suo fido scudiero, quel Peter Taylor alleato indispensabile di mille battaglie, Clough pensa di potercela fare da solo contro tutti. Anche contro il presidente, che nel film – esaperato dalla carenza di risultati e dal mancato feeling con il club - lo rintuzza epicamente: “Ascolti, le voglio dare un consiglio Brian Clough. Non importa quanto pensi di essere bravo, intelligente, o quanti nuovi amici si fa in televisione. La realtà della vita nel calcio è questa: il presidente è il capo, poi ci sono i consiglieri, poi il segretario, poi i tifosi, poi i giocatori, e poi alla fine di tutto, in fondo al mucchio, l’ultimo degli ultimi, la persona di cui alla fine possiamo tutti fare a meno, il fottuto allenatore!”.

La ricongiunzione finale con Taylor, condensata in un abbraccio dirompente, apre ad una nuovo ritaglio di luce. Hooper ce lo lascia intravedere. Perché dopo l’Aire arriverà un altro fiume, ma sarà il Trent. Sulle sue sponde gioca una squadra dal completo bianco rosso e per il resto non serve uno spoiler.

Clough si riprenderà tutto con gli interessi, dopo aver patito penosamente.

È la lezione di fondo del film: sbagliamo, soffriamo, ci disperiamo. Ma in fondo al cuore sappiamo tutti che il nostro Nottingham Forest esiste e ce lo meritiamo.

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