Sono arrivato troppo tardi per vedere Maradona giocare. La sua poesia, i suoi dribling, la magia del calcio: solo immagini sbiadite riviste alla bassa risoluzione delle tivù dell'epoca. Peccato. Eppure chi ha vissuto Diego Armando solo in differita, sfigato spettatore di un'altra epoca, una piccola fortuna ce l'ha: quella di osservare El Pibe de Oro ripulito da quell'aurea di venerazione che solitamente offusca chi lo ha adorato da calciatore. Il filtro dell'ammirazione fa più miracoli di Instagram, lo si è visto in questi giorni. Ma ora che è passato qualche giorno dalla ferale notizia, è forse arrivato il momento di osservare l'uomo, non l'atleta, con uno sguardo diverso. Meno incantato e più realista.
Ho letto con attenzione (quasi) tutto quello che è stato scritto sul numero 10. Mario Sconcerti sostiene che Maradona non vada giudicato né compatito. Non è così. Diego era un simbolo, un uomo immagine, un esempio per troppi e un tormento per molti. I bambini si sono ispirati ai suoi numeri e lui non è stato all'altezza del ruolo. La droga, il doping, il gol truffa, la politica. "Nessuno è un santo", dicono alcuni. Vero. Ma i suoi demoni sono stati eccessivi: Diego non era quello che definiremmo un brav'uomo. Imperfetto, fragile, debole, vittima di falsi amici: tutto gusto. Ma comunque poco raccomandabile. Lo ha descritto bene Marco Bencivenga: "Capitano albiceleste, argentino orgoglioso, marito infedele, padre distratto, evasore del fisco, amico di camorristi e dittatori". Insomma: "Maradona è stato il Male".
Non giudico Diego Armando, ognuno risponde dei propri errori. Critico però chi in questi giorni ha avuto il compito di raccontarlo. Può il talento calcistico giustificare la leggerezza con cui è stato liquidato il "lato oscuro" di Diego? Roberto Saviano ha scritto (male) un pezzo di cuore così cieco da definire "vizio" il doping (che invece è la morte dello sport), così ottuso da licenziare con un banale "imperdonabile" la frequentazione con i boss, così irragionevole da dire che "vizi, errori e crimini" del Pibe erano "l'ombra che rendeva il Dio ancora più luminoso". Chiedo: insegnereste ai vostri figli che se sniffano coca, si dopano, s'ubriacano fino a star male e s'immischiano con la camorra, poi le loro qualità risplendono di più?
Credo sia scorretto definire Maradona, come fatto da Luciano Moggi, un "fuoriclasse come uomo". Credo rivedibile la posizione di Veltroni che passa in cavalleria sui demoni del Diez. Considero sbagliato sorvolare alla maniera di Gramellini sulle frequentazioni con i dittatori del suo tempo. "Dicono fosse Dio, ma non mi risulta che Dio sniffasse", ha scritto giustamente Mario Giordano. Sono verità che offuscano la stella, certo. Ma non possono essere nascoste sotto il tappeto solo per far brillare il mito ora che è scomparso.
Perdonatemi la bestemmia calcistica, ma il paragone serve solo per un ragionamento. Quando Paolo Di Canio giocava nel West Ham vinse il premio fair play perché rinunciò a un gol facile per soccorrere il portiere avversario infortunato. Era il 90' minuto: Di Canio fermò la palla con le mani, aiutò lo sfortunato n.1 dell'Everton e la partita finì pari. Nessuno chiamerà quelle le "mani de Dios", mentre non ci facciamo problemi a decantare come emblema di correttezza uno che usò il pugno per punire l'Inghilterra al mondiale. Sarà pure un gol iconico, sicuramente storico. Ma non un colpo da maestro di cui andare fieri. Ha ben sintetizzato Marcello Chirico: "Fu una palese scorrettezza spacciata per genialità". Anche qui domando: direste mai a vostro figlio che pur di vincere un mondiale si può barare, e così magari si diventa pure famosi?
Tuttavia, se Diego nelle agiografie è stato definito Mozart, Picasso, Alì, il Padreterno, un abile elettricista, un amico dei poveri, uno che dava lezioni al Papa su come aiutare i bisognosi, forse un motivo c'è. E non c'entra solo lo sport. Maradona in Italia appare come il simbolo di quel socialismo ribelle sogno nel cassetto della nostra sinistra radical chic. Maradona e Che Guevara. Maradona e Fidel Castro. Maradona e Chavez. Maradona e Maduro. Come non può diventare un idolo uno così? Addirittura per Rolling Stones la sinistra dovrebbe "ripartire da Diego". Capito? Berlinguer scansete.
Torniamo allora di nuovo a Di Canio, altro calciatore a suo modo icona di un calcio "politico". Il laziale venne crocifisso per il suo saluto romano sotto la Nord e lo stesso successe una volta appesi gli scarpini al chiodo, quando rischiò di farsi cacciare da Sky per un tatuaggio troppo ardito.
A Paoletto nessuno ha mai perdonato una certa nostalgia per il Duce, pochi invece in questi giorni hanno osato criticare el Diez per le sue simpatie con un dittatore sanguinario come Castro. Eppure non è un dettaglio di secondo piano. Cosa direste se CR7 fosse fan di Antònio de Oliveira Salazar?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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