Max IV, come solo i grandi. Stavolta più uomo che auto

Verstappen campione del mondo: più forte dei limiti mostrati dalla Red Bull nella seconda parte di stagione

Max IV, come solo i grandi. Stavolta più uomo che auto
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Il quarto Mondiale di Verstappen è il primo veramente di Max. Nel 2021 era diventato campione grazie ad un direttore di corsa poi mandato a casa, nei due anni successivi aveva dominato guidando la macchina migliore e non trovando mai un vero avversario. Quest'anno ha dovuto metterci tanto di suo per resistere agli attacchi di un plotone di avversari che a turno hanno cercato di buttarlo giù dal piedistallo. La Red Bull non era più una macchina imbattibile, tanto che il Mondiale Costruttori se lo giocheranno in volata McLaren e Ferrari, ma Max ha dimostrato di essere il miglior pilota in pista entrando di diritto nel club degli eletti con più di quattro titoli (Schumacher, Hamilton, Fangio, Prost, Vettel) e in quello ancora più esclusivo di chi quei titoli li ha vinti consecutivamente (Hamilton, Vettel e Schumi che poi è arrivato a cinque). A soli 27 anni ha ancora tempo per aumentare la collezione e per convincere gli ultimi scettici dovrebbe provare a vincere anche con un'altra squadra, tanto per non fare la fine di Vettel legato ad un solo ciclo vincente.

Quest'anno Max si è trasformato in un faro nella tempesta della Red Bull, travolta dal sex gate di Horner e dalle fughe di tecnici illustri a cominciare da quella devastante di Adrian Newey. Max è diventato uomo squadra chiudendosi nello stesso tempo in quella bolla che lo ha salvaguardato da ogni interferenza esterna. Ha avuto dei momenti in cui ha rischiato anche lui di lasciarsi portare via dalla corrente, alzando un po' troppo i gomiti e superando i limiti, ma poi con l'aiuto di Lambiase, il suo angelo custode al muretto box, è tornato il solito Max e in Brasile ha disputato quella che può essere considerata la miglior gara della sua vita con una macchina che non era certamente la migliore. Mentre i suoi avversari continuavano a rovesciare il calamaio sul compito appena concluso, lui non ha quasi mai sbagliato. E il non cadere quasi mai in errore alla fine ha fatto la differenza in classifica portandolo a diventare aritmeticamente irraggiungibile a Las Vegas, la terzultima gara di una stagione che ha visto sette vincitori, addirittura sei diversi nelle ultime sei gare. Anche il fatto che gli avversari si siano sbranati tra di loro lo ha aiutato: lui ha vinto otto gare, Norris e Leclerc tre, Hamilton, Russell, Sainz e Piastri due a testa. La sua grandezza è riassumibile in un numero: 251, la differenza tra i punti che ha conquistato lui (403) e quelli che ha ottenuto il suo compagno di squadra Perez (152). Nel suo successo c'è anche un po' di made in Italy, anche se si chiama Hulk (acronimo di happy until last kilometres) e sono i dischi in carbonio di Brembo che Max ha voluto abbinandoli (per la prima volta sulla Red Bull) alle pinze dello stesso costruttore. Perché per essere i più veloci bisogna anche frenare al meglio.

A Las Vegas ha vinto Russell che non è riuscito a spiegare come mai la Mercedes è stata così veloce per tutto il weekend. Max si è accontentato del quinto posto, non riuscendo neppure a difendere il podio dall'assalto dei ferraristi. Per diventare campione gli bastava chiudere davanti a Norris e così ha fatto. Si è messo davanti al rivale in qualifica e non ha mai rischiato di perdere la certezza del titolo. Max quest'anno ha imparato anche a sapersi accontentare.

In Austria ha fatto le spalle grosse contro il suo ex amico Norris, in Ungheria ha toccato il fondo, quando si è sentito dire dal suo ingegnere di pista di non fare il bambino, in Ungheria è stato tartassato dai commissari con 20 di penalità. Ma poi in Brasile ha fatto vedere al mondo perché questo sarebbe stato il suo mondiale. E a Las Vegas ha stappato una bottiglia speciale per festeggiare.

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