C'erano una volta loro, intoccabili. Quelli che negli 15 anni su per giù si sono suddivisi il trono di migliore. C'erano loro in campo e partivi da 1 a 0. Se erano l'uno contro l'altro, era spettacolo garantito. C'erano Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. C'erano, perché adesso la traccia (e l'impatto) dei due fenomeni è piccola piccola. Non ex fenomeni ma fenomeni in carica, assurdo declassare al rango di normali due giocatori del genere. Ma è evidentissimo quanto qualcosa sia cambiato. Quasi la fine di un'era. Che ora per entrambi passa da un luogo caro per cercare di dare una svolta.
Madrid, amata e odiata. Questa sera Messi col suo Psg torna nella capitale spagnola per difendere il prezioso 1-0 dell'andata. Lui, che per il Real è stato un incubo (ma non gli fa gol da 5 anni...). Solo due reti in campionato (ma con 11 assist), 5 centri in Champions ma senza essere decisivo come aveva abituato. E non a caso, in quell'ideale passaggio di consegne generazionale, all'andata a decidere la gara è stato Mbappè e non lui. Ora tocca a Leo far vedere che è ancora il numero uno, in una vigilia agitata per i parigini con la procura svizzera che ha chiesto 28 mesi di reclusione per il presidente Nasser al-Khelaifi, nell'ambito di un processo sui diritti tv.
Nostalgia della Spagna quando incantava con la camiseta blanca? Può darsi. Ma contro l'Atletico, di Madrid, dovrà partire la riscossa di Cristiano Ronaldo la prossima settimana. E il momento per CR7 è forse anche peggiore di quello del rivale di sempre. L'ultimo derby di Manchester l'ha visto in tv, in Portogallo. Malato ufficialmente, sano come un pesce per la sorella.
E tanti rumors anglo-spagnoli-francesi lo vedono pronto a lasciare l'Inghilterra non appena possibile. Intanto c'è da centrare la qualificazione. Lo United in crisi ce la farà senza di lui? Difficile. Ma i campioni si vedono nel momento clou. Chissà. Guai a dare quei due per finiti.
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