Nostro inviato all'Isola di Ischia
La storia del Giro è costellata di grandi sognatori delusi, gente che per tutta una vita ha inseguito la maglia rosa senza vestirla mai una sola ora. Erano bambini, poi atleti alle prime armi, quindi finalmente ciclisti professionisti: sempre, tutte le sere, dal primo triciclo alla bici più sofisticata, sempre la stessa, magnifica, dolce ossessione: vestire la maglia rosa, vestirla anche una volta soltanto.
Chi frequenta il Giro incontra mille volte, in mille occasioni, questi sognatori disillusi. Da vecchi, parlano con la malinconia e il disincanto di chi ha lottato, ha faticato, le ha provate tutte, vedendosi immancabilmente sfuggire di mano l'obiettivo, anche per stupide coincidenze, anche per pochi millimetri, anche per pochi secondi. Sempre, parlando del loro passato, finiscono lì, allo stesso angolo della memoria, dove ormai macera solo la rassegnazione: avrei dato qualunque cosa, dicono, avrei fatto qualunque cosa per quella maglia, ma non ci sono mai arrivato, forse era tutto scritto nel mio destino
Non sarà un reduce di questo esercito triste, Salvatore Puccio. Non sarà un vecchio appesantito dalla nostalgia per il grande sogno infranto. Al primo Giro d'Italia, a soli 23 anni, l'ha già realizzato. Il destino s'inventa di questi giocosi e stravaganti arbitrii: mentre autentici campioni arrivano molte volte a un millimetro dalla maglia rosa senza vestirla mai, ecco un giorno arrivare i Puccio e vederli improvvisamente godere dell'enorme regalo.
Maglia rosa per caso. Maglia rosa senza volerlo. Maglia rosa senza saperlo. È così la maglia rosa di Puccio. Giovanissimo gregario dello squadrone Sky, al servizio di Sua Maestà Bradley Wiggins, il candidato numero uno alla vittoria totale del Giro, Puccio si ritrova sul palco più invidiato sospinto dalla burocrazia del regolamento: vincendo assieme ai compagni la cronosquadre di Ischia, si prende la maglia solo grazie al miglior piazzamento del giorno prima, sul lungomare di Napoli. Il colore è rosa, ma nella vicenda c'è tanto colore di contorno, ai limiti del folklore: né Puccio, né tanto meno la sua squadra, men che meno il novanta per cento degli addetti ai lavori, quasi nessuno ricorda questo dettaglio del regolamento. Tutti sono convinti che la maglia spetti a chi taglia il traguardo della cronosquadre per primo. Ne è convintissimo anche il capitano Wiggins, che difatti mette davanti Cataldo per concedergli un regalo personale. Niente da fare: a termini di legge, la maglia rosa spetta al migliore del giorno prima, il 33esimo Puccio.
Quando glielo raccontano, il ragazzino - nato in Sicilia, a Menfi, ma trapiantato a 3 anni nei pressi di Perugia al seguito del papà, autotrasportatore emigrato in occasione dei lavori per il terremoto di Assisi -, questo ragazzino timido e incredulo viene travolto dall'onda di piena della popolarità. La compostezza del carattere però non barcolla. Potrebbe metterla giù molto più dura, invece dimostra splendido realismo: «Eravamo tutti convinti di festeggiare Cataldo. Poi mi hanno detto che invece tocca a me. Ringrazio il regolamento, ringrazio il capitano Wiggins che ci ha lasciato la scena. Ma da domani si torna a lavorare tutti per lui».
Realizzato precocemente il suo sogno di bambino italiano, il giovane italiano Salvatore Puccio riprende il proprio posto, là dove per il momento l'ha condotto la vita.
I giochi cominciano a farsi seri, dalla cronosquadre esce già una breve istantanea di quello che sarà il lungo film: Wiggins davanti ai diretti rivali, Nibali subito alle sue calcagna, più indietro Hesjedal e Evans. È un risultato simbolico e illuminante, la stella polare di tutto un intero Giro. Puccio può solo sognare ancora, almeno un altro po': dopo la prima, anche la seconda maglia rosa. Sempre in prestito, sempre per caso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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