nostro inviato ad Arese
Qui dove l'Alfa non c'è più, siamo stati chiamati a scegliere. Volete essere sognatori o realisti? Questa la domanda che ha permeato le due ore di presentazione del ritorno del Biscione in F1 mentre c'erano tutti, proprio tutti nei saloni del Museo Alfa di Arese. C'erano gli Elkann, John il presidente Fca e Lapo, l'istrionico business man; e c'era lui, Sergio Marchionne a far da padrone di casa; e c'erano i capi della F1, quello politico, Jean Todt, e quello del business, dané, money, il ceo dei nuovi boss a stelle e strisce, Chase Carey. E ovviamente non potevano mancare i vertici della Sauber, Pascal Picci e Finn Rausing, che in questa storia sembrano comprimari e invece sono protagonisti visto che in «45 giorni, questo il tempo della trattativa», rivela Marchionne, hanno fatto bingo: cioè ottenuto per tre anni a prezzi irrisori i motori Ferrari ultima generazione uguali uguali a quelli che monterà il Cavallino il prossimo anno e che figata hanno commentato a Maranello i ferraristi all'annuncio» assicura il presidente con Arrivabene, il team principal della Rossa, in platea a confermare. Un bingo svizzero perché, va detto, i boss Sauber hanno messo in squadra, accanto a Marcus Ericsson (per ora niente da fare per il nostro Giovinazzi) anche il talento cresciuto all'Academy rampante, Charles Leclerc, il Verstappen francese destinato nel 2019 a sostituire Raikkonen in Ferrari. Non male, dunque, per l'Alfa Sauber F1 team. Tant'è vero che «se dovesse lottare per la vittoria contro la Ferrari», sorride Marchionne, «ben venga l'imbarazzo, deciderò al momento da che parte stare, per ora pendo dalla parte della Rossa...». E ci mancherebbe. Su un piatto ci sono una macchina, un motore, un mito, cioè tutto, e sull'altro un marchio storico su fondo rosso posto in mezzo a tanto bianco che, quando ieri il velo è calato, ha lasciato un po' di amaro in bocca anche se «è più bella così l'Alfa-Sauber» sostiene il presidente ferrarista.
Qui dove l'Alfa non si produce più, qui dove il museo e i modelli presenti affascinano e tutto profuma di storia e imprese, qui dobbiamo solo decidere da che parte schierarci: fra i sognatori o i disincantati? Se vogliamo sognare possiamo convincerci e farci convincere che l'Alfa Romeo sia davvero tornata in F1; se invece sposiamo il realismo dobbiamo pizzicarci, svegliarci, e dire chiaro e tondo che al momento questa è una splendida e meritoria operazione di marketing che farà bene a Fca e all'Alfa e al Paese se aiuterà a vendere nel mondo più Giulia e più Stelvio. Marchionne, in fondo, non nasconde l'essenza di tutto, «siamo title sponsor» dice, «e oggi ridiamo ad Alfa Romeo il palcoscenico che le spetta... Qui due anni fa festeggiavamo la rinascita del marchio con la Giulia, e adesso la catena del dna si completa perché ridiamo la possibilità ad Alfa Romeo di riportare in pista la propria tradizione gloriosa, restituendo alla F1 un brand che ne ha scritto la storia... Oggi», conclude il presidente, «è anche una giornata d'orgoglio per gli alfisti che hanno atteso oltre 30 anni... E chissà, se un giorno sulla power unit Ferrari dell'Alfa Sauber ci saranno stati effettivi miglioramenti apportati dai tecnici Alfa (che fin da subito inizieranno a collaborare con il team svizzero), ecco, allora si potrà pensare di mettere il logo del Biscione... Altrimenti no, sarebbe poco intelligente».
Brand, marchio, motore Ferrari, logo. Questa è oggi l'Alfa che torna in F1. Capita però che a volte sogno e realismo possano andare a braccetto. Lo fa capire il pilota che detiene il record dei Gp disputati in F1 con le vetture del Biscione: Bruno Giacomelli. «La prima cosa che mi è venuta in mente è che tutto questo va benissimo se farà vendere più auto e darà del lavoro alla gente», dice. «Però credo non succederà mai più che l'Alfa Romeo costruisca il suo motore... perché non c'è più l'Alfa Romeo... Nel senso che dispiace che vengano realizzate altrove, ma lui è un manager e pensa con i numeri, faremmo tutti la stessa cosa al suo posto».
Per cui bene così. Anche se a rinascere nelle corse è solo il marchio, «non abbiamo parlato di acquisizione di quote, magari in futuro» sottolinea Marchionne. Però al momento può bastare per sognare, tanto più se questa rinascita, anziché vincolare la Rossa a restare per sempre in F1, ha la forza di imprimere ulteriore impulso alla minaccia di lasciarla.
«L'accordo scade a fine 2020, noi siamo seri, non molliamo su questo, la minaccia resta, se la F1 dovesse muoversi verso auto tutte uguali: la Ferrari troverà altri modi per correre e magari si porterà con sé l'Alfa-Sauber...». I nuovi padroni sono avvisati. Ci vuole un attimo a trasformare un sogno in un incubo.
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