La maglia quel giorno è impregnata di rosa come per i primi vagiti del club, ma poco importa. Il sangue che pulsa bianconero da diciannove anni di fila racconta una storia inequivocabile, che fende il tempo e lo spazio. Il 13 maggio 2012 è una di quelle date che vorresti sfregare via dal calendario con un pennarello indelebile, per provare a infilarti dentro alle tempie il pensiero che che in fondo - se non la vedi - potrebbe non esserci mai stata. Magari funzionasse così. Magari si potesse dar torto al tempo, correggendolo e premendo il ricordo in una piega che scorre in loop. Invece, quel giorno, Alessandro Del Piero e la Juventus diventano due strade divergenti. L’ossimoro è compiuto. Le guance della Dea del pallone sono una pozzanghera di lacrime.
La storia con la Vecchia Signora aveva cominciato ad annodarsi nello sfumato 1993. Alex è uno svolazzante virgulto che seduce per tecnica e visione di gioco. La sua naturale capacità di decodificarne gli enigmi, uscendo indenne dagli antri più tetri, attira frotte di osservatori. Non servono certo capacità divinatorie per intuire che il ragazzo di Conegliano ci sa fare. Quando la Juve lo preleva dal Padova, tuttavia, non può sapere che quella sta per diventare una delle migliori intuizioni di sempre. Del Piero ha davanti gente che tiene il posto da titolare in cassaforte come il pallone tra i piedi. Roberto Baggio, Gianluca Vialli e Fabrizio Ravanelli non sono attaccanti a cui puoi chiedere con disinvoltura di guadagnare la strada più corta verso la panchina, nemmeno se ti chiami Marcello Lippi. Alex però non è un pedatore di seconda fascia. Il suo corredo genetico è portatore sano di prodigi calcistici. La volèe contro la Fiorentina, nel 1994, è forse il suo primordiale manifesto programmatico: guardate qua e fatevi di lato.
Da lì in poi si stapperà una storia che sfrigola romanticismo da ogni poro: 513 partite con la stessa maglia, condite da 208 gol. In un campionato forsennatamente competitivo (quanta nostalgia) Alessandro irradia pulsazioni abbacinanti. Le notti di Champions sono il suo giardino di casa. I “gol alla Del Piero” diventano un brand munito di granitico copyright, perché solo lui riesce a convergere in quel modo, infilandola all’incrocio sul palo lungo. La gente è in estasi come non capitava da tempo: Alex incarna tutti i lati positivi del campione buono e corretto, del capitano coraggioso e leale, dell’amante perfetto per una Signora attempata. Anche l’Avvocato Agnelli si scomoda, sancendo che - a tutti gli effetti - le sue pennellate pallonare gli ricordano molto da vicino il Pinturicchio.
Con lui la Juve incassa scudetti in serie, l’ultima Champions e un'Intercontinentale. Quando Calciopoli travolge le certezze bianconere e il club sprofonda in B, il telefono inizia a trillare senza sosta. Un giorno il cavo agganciato in fondo al canale della Manica riporta la voce sicura di un tizio che da tempo sta surclassando tutti in Inghilterra. “Lo pregai di venire subito al Manchester United - ricorda Sir Alex Ferguson - promettendogli la maglia numero dieci e un ruolo fondamentale nel club. Mi ringraziò tantissimo, declinando l’invito. Mi disse che era il capitano di una nave che stava affondando e che il capitano non lascia mai la nave”.
Sprazzi che soltanto in parte aiutano a spiegare il sentimento infinito che lega Del Piero alla Juventus e alla sua gente. Così il 13 maggio di dieci anni fa si carica di sentimenti contundenti e stranianti. Antonio Conte sta vincendo il primo scudetto del suo ciclo e i tifosi sono felici, dopo anni di imbevuti di fallimenti. In quegli ultimi 57 minuti in campo Alex segna anche nel 3 a 1 finale all’Atalanta, sfoderando l’arcinota linguaccia. L’idea che quella sarà l’ultima volta in bianconero è una riga di gesso che stride sulla festa. Quando esce dal campo lo stadio sussulta di un affetto forsennato. In tutto il mondo persone collegate a tubi catodici o agganciate allo streaming si sentono un po’ più smarrite, borseggiate di punti di riferimento.
Perché in fondo, quando un campione invecchia, che sia il tuo idolo o un avversario da rispettare, ti ricorda che quello che pensavi impossibile accade davvero. Il tempo non la finisce mai di scorrere.
Nessuno ha ancora scoperto come avvitarlo all’indietro e, forse, non sarebbe nemmeno giusto. Gli amori romantici devono conoscere una fine, per essere tali. Anche se, da quando Alex non gioca più per la Juve, il calcio è un posto asciugato di ettari di magia.
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