«Ci dispiace se viene visto come un ridimensionamento del ruolo, ma sapere che Emanuela Maccarani resta accanto alle nostre figlie come allenatrice, ci ridà un poco di serenità, quella che, loro e noi, abbiamo perso in questi mesi».
A parlare è uno dei papà delle atlete: preferisce rimanere anonimo, «Perché in fondo siamo stati sempre una squadra anche come genitori».
Insomma, tutti per una e tutti per tutte le loro ragazze: anche questo era il senso della lettera che, tre giorni fa, ormai alla vigilia del consiglio federale di ieri, i 20 genitori avevano deciso di scrivere a Coni e Federginnastica: non un'ingerenza last minute di mamme e papà stressati, ma un appello dopo mesi di tristezza e silenzio.
Tornerà il sereno, ora? Almeno quanto basta a riprovare a volare. Le atlete non vogliono più esser Farfalle: in questi mesi di dubbi, rivelazioni e processi anche mediatici, si sono sentite quasi sotto accusa in prima persona.
Tarpate quelle ali, inutile pareva anche il soprannome alato. Ora vogliono rinascere: saranno guerriere, altro appellativo che hanno sempre amato? «Hanno sofferto perché sembrava che fossero delle deboli, senza carattere, delle pedine in mano alla direzione, mentre il coraggio, se così possiamo dire, sembrava solo nelle parole di chi accusava. E abbiamo sofferto anche noi: dipinti quasi come genitori lontani, che delegano ad altri la crescita delle proprie figlie e pure il successo».
Il papà delle Farfalle non ci sta: «Chi abita più vicino le vede anche settimanalmente, al telefono tutti i giorni: non siamo assenti, il dialogo ed il feedback sono continui. Inoltre le ragazze che hanno accusato hanno solo sfiorato questa generazione di atlete».
Per questo il cambiamento faceva paura: «Occorrono mesi, anzi anni, per limare i due esercizi. A pochi mesi da Mondiali e qualifica olimpica sarebbe stato disastroso cambiare staff», spiega ancora il papà, che però precisa, «Se serve una riflessione va fatta in modo più approfondito».
Tutto inventato, quindi? «Non dico questo, ma che la ginnastica preveda un regime alimentare rigoroso e di pesarsi regolarmente non è un segreto. Che ci si pesi, per esempio, tutte insieme nel momento in cui ci si cambia, una dopo l'altra sulla stessa bilancia, non significa che c'è un rito collettivo per deridere o denigrare qualcuno».
Allora possiamo parlare di diversa sensibilità? Una frase, un giudizio di una coach, può fare male a me e scivolare addosso ad un'altra?
«Questo può essere. Ed è qui che bisogna agire», spiega il genitore.
«Chi ha esperienza nel settore sa benissimo che lo sport ad alto livello non è solo questione di talento e predisposizione, ma anche e soprattutto di testa», spiega il papà. «Chi viene convocato per la Nazionale va preparato dalle scuole dove già si allena e ovviamente dalla famiglia: andare via di casa a 15 anni è un passo da calibrare con cura».
Appunto, quindi serve uno staff, non una figura forse totalizzante. «Da quando mia figlia è in squadra, lo staff c'è: due medici, gli insegnanti, terapista. Anzi quando abbiamo avuto bisogno di un professionista extra, la federazione ci ha supportato».
Conclude il padre: «Dall'Accademia di Desio passano in molte, non tutte restano».
Alcune, pur dotate, si fermano il tempo di uno stage. Perché per volare servono ali e servono... Farfalle.
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