Dite grazie a Del Piero. Certo, anche il signor Agnelli. Juve fuori la lingua, Del Piero fuori l’orgoglio. Gol pesante per decidere la sua partita numero 700. Gol che onora la sua qualità d’artista. Dentro a un quarto d’ora dalla fine. Eppoi veni,vidi, vici. Punizione, e come sennò, pescata nel pedigrèe e nel bello del suo repertorio classico. Quella palla che ha disegnato un arco, una parabola lunga e tagliata che abbiamo visto tante volte. E spesso in gol. C’è voluta per togliere la Juve da un imbarazzo e permettere alla Signora di mostrar la lingua: stavolta al Milan più che alla Lazio. La Juve vince la partita che poteva pareggiare, non certo perdere perchè il pallone non riesce ad essere così bugiardo. Quinto successo di fila: forse vale mezzo scudetto. La classifica dice Juve, il campo ha detto Juve. Del Piero ha confermato. Marchetti superstar ha tentato di tutto per smentire l’idea (lievissima colpa sulla punizione: Del Piero ci sa fare). La Lazio ha onorato il suo campionato. Partita che non ha mentito, calcio che ha divertito.
Juve furiosa, Lazio punching ball per tutto il primo tempo, ma al tirar delle somme un gol a testa e tanti rimpianti bianconeri. Pensate, la Juve ha sommato 13 tiri in porta contro 4 della Lazio, il possesso palla (ma fesso chi se lo beve) quasi doppio. Marchetti e Diakitè hanno fatto muro difensivo. Lo stopper inseguito da ululati che sapevano tanto di razzismo, e che potrebbero costare qualcosa. Juventus stadium tirato a mille, euforia a colpo d’occhio, ma sono questi i casi in cui il pallone regala sensazione di volersi divertire. E tutti zitti. Conte fino all’ultimo ha studiato la strategia (Lichsteiner all’ultimo momento al posto di De Ceglie), la squadra è andata in campo con il piglio di chi vuol tener far le mani il campionato e sognare ad occhi aperti. Juve bella e arrembante per tutto il tempo. Pirlo si è divertito negli spazi che più gli piacciono. Vucinic ha sbagliato come al solito. Quagliarella è stato l’immagine della pubblicità: ho fatto, ho fatto ma non ho visto niente (o quasi). Pepe è partito come un razzo e quando gli è arrivata la palla rifinita dall’uncinetto di Pirlo, è stato acrobatico, tempista, un centravanti dei tempi (e dai tempi) d’oro ed ha affondato Marchetti. C’era un fuorigioco di Quagliarella, ma le nuove regole sono sempree di dubbia interpretazione
Tempi di gol spettacolo. Come rivedere le acrobazie di un tempo che fu: da Parola a Riva. Il bello del calcio. E ieri sera la Juve ha provato a divertire e vincere sempre: novanta minuti con l’idea fissa e un giocare prepotente, magari poco preciso nelle conclusioni. La Lazio ha tentato di tener botta, ma dopo pochi minuti ha preferito ritirarsi nei suoi appartamenti, arrocata sempre più, poco aggressiva a centrocampo, disposta alla sofferenza salvo tener d’occhio l’attimo per il contropiede. Primo tiro in porta dopo 26 minuti. Juve un po’ sprecona nella prima parte, questo è certo. Quagliarella ci ha provato in tutti i modi. Marchetti è stato portiere reattivo nelle gambe e dal riflesso che ti stende. Ha scacciato un tiro di Pepe, un altro di Vidal e uno dei tanti di Quagliarella con bravura da far impallidire e un po’ snervare gli avversari. Poi Pepe si è trovato solo e sono stati guai. Ma il gol bianconero è stato l’assolo di un concerto: strumenti tutti ben intonati.
Lazio tosta, capace di non lasciarsi trascinare dall’onda lunga, e talvolta asfissiante, finchè Scaloni non ha infilato il cross per la testa di Mauri che s’è bevuto i soliti noti (Bonucci dov’era?) e ha rimesso la partita sull’equilibrio, forse instabile, ma pur sempre equilibrio.
Buffon ha cominciato a riprendere gol dopo 568 minuti di astinenza. Invece la Juve ha riscoperto i gol pesanti di Del Piero. Secondo tempo condito dal pathos, più equilibrato, Marchetti sempre più muro, Lazio un pochino più sfacciata. Conte si è giocato tutto rivoltando l’attacco, rovistando fra i vecchi amori (Giaccherini), ha predisposto uno strano trio in avanti (Quagliarella, Matri, Giaccherini) con Del Piero dovunque.
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