È finito tutto in una bolla di sapone. I dirigenti e le società di calcio coinvolte nello scandalo plusvalenze sono stati tutti prosciolti dal Tribunale federale nazionale. Le motivazioni saranno pubblicate più avanti. La procura federale aveva richiesto queste pene: un anno di inibizione per il presidente della Juventus Andrea Agnelli, un anno e 800 mila euro di multa al club, 11 mesi e 5 giorni per Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, e 392 mila euro di ammenda alla società. Per l’ex diesse bianconero Fabio Paratici, invece, erano stati chiesti 16 mesi e dieci giorni di inibizione. Complessivamente erano undici le società coinvolte, di cui cinque di Serie A (Genoa, Sampdoria ed Empoli, oltre le già citate Juventus e Napoli), due di Serie B (Pisa e Parma), Pro Vercelli e Pescara (Serie C) e le non più affiliate Chievo e Novara, oltre a 59 dirigenti.
I club si erano difesi puntando sull'arbitrarietà dei parametri considerati dalla Procura federale per stabilire il valore effettivo dei calciatori, stima necessaria a quantificare le plusvalenze fittizie. Ma i giudici hanno deciso che il modello per valutare i giocatori definito dalla Procura Figc non era sufficiente a provare l'illecito. Se non viene dimostrata l'esistenza di un accordo che provi la falsificazione di un valore non si può procedere.
"Mi conoscete - aveva detto alla vigilia della sentenza il presidente del Coni, Giovanni Malagò - io sono non diplomatico, sono laico. Nulla può essere peggio di un presidente del Coni che interviene su una richiesta di un procuratore di una federazione che deve essere vagliata addirittura al primo grado. Rispettiamo tutto l’iter e poi vediamo. Non potrei aggiungere altro e sarebbe irresponsabile farlo.
C’è questa dinamica sulla valutazione 'oggettiva' che va verificata e in che termini questo può o meno aver creato delle alterazioni contabili - ha aggiunto il dirigente - ma non sono certo io a giudicarlo, nel modo più assoluto".
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