Il Qarabag, orgoglio degli sfollati ma arricchito dal governo azero

Un club di calcio con l'anima divisa in due. La guerra del Nagorno-Karabakh ha ridotto Agdam in macerie creando un milione di profughi

Il Qarabag, orgoglio degli sfollati ma arricchito dal governo azero

Il club dei profughi, la squadra della città fantasma. Il Qarabag non è né potrà mai essere una società come tutte le altre. La guerra del Nagorno-Karabach, la distruzione di Agdam, oggi un cumulo di rovine sotto controllo armeno, il milione di IDP (Internally Displaced People, ovvero sfollati che non hanno varcato un confine internazionale) accampati nelle terre a ridosso di quella che una volta era la loro città. Fa sorridere pensare al divieto Uefa che impedisce qualsiasi riferimento politico negli stadi durante le competizioni europee. Il Qarabag sarà sempre una squadra dai connotati politici. Eppure il 23 giugno 2009, per un match col Rosenborg che cadeva proprio nel 16° anniversario della caduta di Agdam, il delegato Uefa non accolse la richiesta di osservare un minuto di silenzio. «Chi è morto?», chiese. «Migliaia di persone, perché c'è stata una guerra», fu la risposta. «Quindi è politica, pertanto niente».

Nel 2008 il Qarabag era ancora una società semi-pro, mentre oggi è la prima squadra ad essersi qualificati ai gironi di Champions. Ha vinto 4 titoli azeri consecutivi ed è attualmente in testa al campionato nonostante abbia una partita da recuperare. Un'ascesa indubbiamente miracolosa, ma che pone il club in una situazione schizofrenica, perché senza gli investimenti della Azersun, holding del governo azero che opera nel settore alimentare e agricolo, con tutta probabilità il Qarabag nemmeno esisterebbe più. Secondo il portale Transfermarkt, la rosa dell'avversaria della Roma ha un valore di 17,25 milioni contro i 322,73 dei giallorossi, i 511 dell'Atletico Madrid e i 613,40 del Chelsea. Punta sul vivaio - il migliore del paese tanto che il club è soprannominato «la squadra della nazione» - e su stranieri di livello un po' più alto di semplici giramondo. Qarabag quindi club dei profughi ma anche club di governo, e non è un caso che dopo l'eliminazione del Copenaghen ai play-off di Champions il governo azero si sia «appropriato» dello storico risultato attraverso un tweet del portavoce del ministro degli Esteri: «Il Qarabag ha dimostrato, a dispetto dell'occupazione delle nostre terre e della distruzione della sua città, che nessuno potrà mai sconfiggere la nostra determinazione». Pura propaganda che, piaccia o meno, il club deve accettare.

In Azerbaigian non si muove un soldo senza l'assenso del governo e l'alternativa sarebbe la scomparsa. Essendo l'unica voce rimasta per migliaia di persone che hanno perso tutto, il Qarabag non può proprio permetterselo.

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