Good night and good luck. Ma non sarà una buona notte per i giocatori iraniani. E, di fortuna, neppure a parlarne. Sconfitti contro gli Usa e fuori dal Mondiale. Ma il problema serio sono ora le «minacce di torture per i calciatori e le famiglie» provenienti da Teheran, almeno secondo la Cnn. Però questa è una partita che si gioca sul terreno della propaganda. Quella invece sul terreno di gioco è stata indiscutibilmente vinta dagli Usa grazie a una triangolazione nel primo tempo McKennie-Dest-Pulisic con quest'ultimo che è andato in gol in scivolata, ricevendo in cambio una scarpata dal portiere che lo ha messo ko. Iran invisibile pure nel secondo tempo: una sola palla gol in 90 minuti e una protesta per un rigore (inesistente) all'ultimo minuto di recupero. Iran, per te il Mondiale finisce qui; Stati Uniti, per voi il Mondiale continua. Vendicata la disfatta di Francia '98, quando l'Impero del Male sconfisse 2 a 1 il Grande Satana, mandandolo all'inferno. Ieri Giambattista Vico non era allo stadio Al Thumama, ma i suoi «corsi e ricorsi storici» non si sono rivelati profetici: l'Iran non ha ripetuto il miracolo ed è uscito con le ossa rotte bastonato dalla legge dei destini incrociati in stile Sliding Doors.
Il design dello stadio Al Thumama si ispira alla shashia, il tradizionale copricapo maschile del mondo islamico, ma alla fine del match sembrava aver preso la forma del cappellone da cowboy di Tom Mix. Una partita impostata a scacchi dal portoghese Carlos Queiroz, ct dell'Iran, e dal suo «allievo» yankee, Gregg Berhalter, costretto a dire alla vigilia della sfida: «Ho sempre ammirato Queiroz». Alla fine l'allievo ha superato il maestro. Tensione e dispetti reciproci. Il minimo sindacale rispetto al dramma geopolitico di cui i nomi «Iran» e «Usa» sono stati portatori nell'Almanacco della Storia tra guerre, morti e distruzioni. In confronto fa quasi sorridere la richiesta alla Fifa avanzata l'altroieri da Teheran per «escludere gli Stati Uniti dal Mondiale, causa indegnità morale». Ad autoescludersi è stato invece l'Iran con una prestazione deludente. Per gli Usa, dopo 40 anni di «esperimenti» cominciati con i Cosmos di Pelé e approdati ora a una dignitosa MLS (Major League Soccer), una bella soddisfazione. Anche se in America la parola «football» continua ad essere declinata con la grammatica del Super Bowl e non certo con la sintassi del soccer. Al triplice fischio sobrie strette di mano. Nulla a che fare con la consegna di rose bianche, così come fecero gli iraniani nel match del 98 allo stadio De Gerland di Lione.
La Casa Bianca aveva auspicato una «gara pacifica». Idem l'ayatollah Khamenei.
Lui, 83 anni, sa bene che per la guerra - quella vera - c'è sempre tempo. Intanto la nazionale iraniana oggi torna a casa. L'accoglienza non sarà delle migliori. Gli Usa agli ottavi troveranno l'Olanda. Orange contro stelle e strisce: cromaticamente, il massimo.
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