Mazzola: "A Superga vado sempre da solo Lautaro-Lukaku? Ecco cosa fare"

Sandro Mazzola ha ricordato la memoria del padre, e non solo, a distanza di 71 anni dalla strage di Superga: "Ecco cosa mi impressionava di più di lui"

Mazzola: "A Superga vado sempre da solo Lautaro-Lukaku? Ecco cosa fare"

Il 4 maggio del 1949 il Grande Torino di Valentino Mazzola si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese. La squadra stava facendo ritorno da Lisbona dove la sera prima aveva giocato una partita contro il Benfica. In quella immane tragedia persero la vita 31 persone tra calciatori, membri dello staff, dell'equipaggio e giornalisti al seguito della squadra.

Ogni anno il club granata ricorda con grande dolore quella triste giornata rendendo omaggio alle 31 vittime con un vero e proprio pellegrinaggio sulle colline di Superga. Chi in quello schianto tremendo perse un suo caro fu il grande mezzala dell'Inter e della nazionale italiana Sandro Mazzola che dovette incassare la morte del padre Valentino considerato ai tempi uno dei più grandi centravanti del calcio italiano e che è rimasto nella storia del calcio nostrano e mondiale. In esclusiva per ilgiornale.it, Mazzola ha ricordato quel triste evento che gli ha cambiato la vita ma non solo:

Mazzola, lei aveva solo sei anni quando successe la tragedia di Superga. Che ricordi ha di quella giornata?

“Pochi, perché i miei parenti mi portarono subito via. Ricordo che camminavo per strada con il mio pallone di ritorno dall’oratorio e la gente mi fissava in un modo strano rispetto al solito. Non mi dissero subito cosa fosse successo, ci volle un bel po’ per metabolizzare la cosa anche perché mi portarono al paese dei miei genitori e solo dopo qualche tempo mi resi conto di quello che era successo”.

Quella squadra è rimasta nella storia del calcio per le sue imprese storiche e ogni anno viene celebrata la memoria delle vittime. Ci fa un ritratto di suo padre Valentino come genitore e come calciatore?

“Quella era una squadra mostruosa, di fuoriclasse. Mio papà mi portava sempre al campo quando andava a fare l’allenamento, mi vestiva di granata e mi portava sempre con lui. Ho dei bei ricordi, era un bravo papà. Mi piaceva quando mi portava al mattino per negozi, io gli tenevo la mano perché avevo paura… vedevo tutta la gente che gli parlava, lo salutava, gli dava importanza. Ancora non sapevo cosa volesse dire essere famoso. Come calciatore era molto bravo, ho visto gol, colpi di classe e grandi stacchi di testa nonostante mio padre non fosse un gigante… in realtà andava su più in alto di tutti, questa cosa mi ha impressionato”.

Il calcio d’oggi le piace?

“Mah, mi piacerebbe di più se ci fossero più tecnica e dribbling. Mi piace il calcio, mi appassiona: quando arrivano i miei nipoti si mettono a guardare le partite e io le seguo con loro. Ovviamente i miei nipoti sono tifosi nerazzurri”.

Cosa ne pensa di questa pandemia da coronavirus che ha costretto allo stop anche lo sport. Giusto provare a continuare o fermarsi?

“Chi avrebbe mai pensato di vivere una cosa del genere oggi, nel 2020. Cosa riusciamo a combinare noi uomini, mah speriamo vada sempre meglio. Sul fatto di tornare in campo io penso che si debba provare a terminare il campionato, penso sia la cosa più giusta da fare”.

Capitolo Inter: cosa ne pensa della squadra di Conte e della gestione di Suning?

“Conte mi piace molto, mi pare stia dando un gioco, un’idea, un’identità alla squadra. La società è solida, seria, quindi non posso muovere nessuna critica”.

Sente ancora qualcuno dei suoi ex colleghi della Grande Inter. Che allenatore era Herrera?

“Dei miei ex compagni purtroppo non sento quasi più nessuno…Per quanto riguarda il mago, invece, posso dire che era un vero fenomeno. Mi ricordo che arrivava al mattino presto al campo di allenamento e iniziava a chiamarti nello spogliatoio, uno alla volta, e ti raccontava le sue cose, ti spiegava come avresti dovuto giocare e faceva così con tutti. Tutti all'inizio uscendo dal colloquio pensavamo fosse matto. Dopo 4-5 giorni, però, tutti noi abbiamo iniziato a pensare che forse non diceva cose senza senso e anzi posso dire che ha inventato un calcio nuovo”.

Qualche suo ex compagno che ha lasciato il segno nella sua carriera?

“Luis Suarez mi ha insegnato tutto. Guardavo tutto quello che faceva, gli stavo dietro e cercavo di rubargli i trucchi del mestiere nonostante non giocassimo nello stesso ruolo. Come faceva i lanci lui non ho più visto farli a nessuno, era un vero fuoriclasse, davvero un gigante del calcio”.

Lukaku ha dimostrato di essere un degno sostituto di Icardi? Lautaro lo terrebbe ancora o lo cederebbe di fronte ad un’offerta monstre?

“Venderlo per i soldi soltanto non ha senso. Se la società già in mente un altro che può diventare più bravo di lui allora sì, ma io dubito… Mi terrei stretto Lautaro, è davvero molto forte. Icardi-Lukaku? Sono due bravi attaccanti, il belga ogni tanto mi fa arrabbiare perché si assenta dal gioco ma è comunque molto valido. Se io dovessi scegliere non mi priverei mai di Icardi anche se so che è impossibile possa restare all’Inter”.

Icardi ha recentemente punto l’Inter con un mi piace ad un post sui social di Bojan che ha messo in dubbio la vittoria dei nerazzurri al Camp Nou nel 2010. Che idea si è fatto della situazione attorno all’ex capitano?

“Non sapevo questa cosa, secondo me faceva meglio a stare zitto e a non fare nulla. Non riesco a capire perché il comportamento di certi calciatori: o non se ne rendono conto o lo fanno di proposito, non lo so. Se fossi dirigente di una società un giocatore del genere non lo prenderei, magari ne sceglierei uno un po’ meno bravo ma che non pensi troppo a cose extracampo”.

C’è un Mazzola nel calcio d’oggi. Chi le assomiglia di più?

“Ci dovrei pensare un po’ su (ride; ndr). Diciamo che Lautaro Martinez fa cose che facevo anche io ai miei tempi”.

Lei è stato dirigente dell’Inter quando c’era Ronaldo. Che giocatore era?

“Ronnie era un Fenomeno vero… ma era anche un bel furbetto, in senso buono ovviamente. Ogni tanto capitava che l’Inter perdesse o pareggiasse a fine primo tempo. Io sollecitavo la squadra a dare di più da dirigente e lui veniva da me dicendomi di non preoccuparmi e che nel secondo tempo avrebbe fatto lui la differenza ma che voleva un premio extra (ride; ndr). La cosa bella è che poi faceva davvero la differenza segnando uno, due, tre gol e poi veniva a battere cassa...che bei momenti".

Lei ha avuto il privilegio di aver avuto come presidente Angelo Moratti e ha invece lavorato a stretto contatto, sempre all’Inter, con Massimo. Che ricordi ha?

“Angelo Moratti per noi era una leggenda, arrivava da noi nello spogliatoio passava e ti dava una monetina in più se avevamo vinto, se avevi segnato te ne dava anche due. Uomo d’altri tempi. Anche Massimo è una persona eccezionale, con il papà si parlava di meno, c'era una sorta di rispetto dovuto all'età, con lui invece che era coetaneo si parlava di più ma non posso che parlarne bene della famiglia Moratti".

Ultima domanda tornato alla tragedia: quest’anno si recherà a Superga nonostante il momento per via del coronavirus?

“Devo dire la verità: sono anni ormai che non vado il 4 maggio alla celebrazione ufficiale. Ci vado tutti gli anni e spesso di nascosto, mi faccio portare dai miei figli”.

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