L'anima del diavolo

Il tecnico tra discorsi motivazionali e multe per l'intervallo prolungato. Pulisic e Musah, le chiavi a stelle e strisce della rimonta alla Juventus

L'anima del diavolo
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Sarebbe un tragico errore convincersi che sono bastati quei 10-15 minuti vissuti negli spogliatoi di Riad per cambiare l'esito della semifinale con la Juve e trasformare la vita del Milan di Conceiçao, multato nell'occasione per il rientro ritardato dagli spogliatoi dopo l'intervallo, proprio come faceva ai tempi dell'Inter un altro portoghese, Mourinho. Ancora peggio immaginare che quel capannello a fine serata, con Bennacer che arringa i suoi in vista della finale di lunedì, è garanzia di chissà quale riscatto futuro.

È vero: qualche correzione c'è stata, specie nelle posizioni di partenza per via della ridotta attitudine a giocare con 3 centrocampisti (Bennacer sempre schiacciato dietro come ai tempi di Pioli), qualche linfa vitale è arrivata dai cambi ma la scintilla che ha fatto riprendere vigore al fuoco milanista è stato il rigore. E in particolare quel guizzo di Pulisic, fino a quel punto, perché provato dagli acciacchi alla caviglia, in difficoltà contro McKennie, su cui è stato costruito il resto. Allora è venuto fuori anche un pezzo di corsa in più (Musah), premiata dalla sciagurata deviazione di Gatti e dall'inspiegabile uscita di Di Gregorio fuori dai pali. A completare la serie c'è stata poi la deviazione di Gabbia sulla stoccata ravvicinata di Gatti, di qui la corsa di Maignan verso il suo sodale al fischio finale. A ben riflettere allora, sono state le vitamine dei due americani, Pulisic e Musah a ridare voce al Milan che sembrava quasi ammutolito dopo la prima frazione.

Fino a quando c'è stato Pulisic, comunque schierato, a destra o dietro le punte, la fase offensiva del Milan ha registrato una preziosa reattività. Appena uscito capitan America dalla serata di Bergamo (sull'1 a 1) il Milan ha perso smalto e anche pericolosità. Sono spuntati fuori risultati deludenti (i pareggi domestici con Juve, Genoa e Roma, anche il deludente successo di Verona ne è stato una conferma). Fu Pulisic, con la sua intraprendenza, a fulminare mezza difesa dell'Inter durante il derby dell'andata finito con la girata di testa di Gabbia. Fu lui a ridare senso al viaggio di Firenze prima del crollo di Tomori. Anche Musah, festeggiato dai suoi, è riuscito a scrollarsi di dosso qualche critica appuntita per un paio di palloni persi davanti alla sua area. Ecco allora la vera chiave di lettura di Riad. Il Milan ha ricevuto una bella spinta dal destino ma ci sono alcuni problemi da risolvere. Il primo della lista è quello riferito alle condizioni di Theo Hernandez. Al netto del gol sbavato a due metri dalla porta, è stata la sua prova, priva di qualunque vitalità, e la sua clamorosa distrazione sul gol di Yildiz, a spiegare che non erano un capriccio di Fonseca le esclusioni precedenti.

È irriconoscibile Theo e solo recuperando almeno la concentrazione e la lucidità, può tornare a essere una risorsa per il Milan e non un problema, se non proprio un anello debole della catena difensiva. Da qui alla finale di domani sera, l'unico quesito riguarda l'eventuale recupero di Leao senza forzare, senza accelerare perché il rischio (con i suoi strappi violenti) sono dietro l'angolo.

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