Diceva Enzo Ferrari che gli italiani perdonano tutto tranne il successo. Ci aveva visto lungo, allora, ma ancora non sapeva che il virus si sarebbe propagato nel mondo a causa proprio di un giovane italiano, che comincia a dare davvero fastidio. L'attacco della Bild alla vigilia del match contro Zverev («La finale degli Australian Open è coperta da un'ombra di doping», ed anche «Alexander sarebbe già da tempo il numero 1 del mondo se il caso Sinner non fosse stato messo sotto il tappeto») non è altro che l'ultima cattiveria messa in giro per cercare di frenare il nuovo Cannibale del tennis. Dimenticandosi però che si tratta di un cannibale gentile. In pratica: non riuscendo nessuno a batterlo su campo, si cerca di incrinare la sua fiducia grazia a un'arma di solito infallibile: l'odio, neanche tanto sportivo. Il caso Clostebol dunque (da cui, per ora, Jannik è stato assolto e della sua non colpevolezza non dubita neppure la Wada) è stata la miccia, perché è finito il tempo in cui quel ragazzo dai capelli rossi faceva tenerezza. E allora: ecco appunto servizi scandalistici (perfino un bagno al mare con la fidanzata è diventato uno scandalo), spazzatura social e soprattutto il chiacchiericcio da bar di colleghi ed ex amici, al quale si è pure allineato l'ex numero uno del mondo (sarà per questo?) Novak Djokovic. Che si è dimenticato dei suoi recenti trascorsi australiani in era Covid.
Invidia, insomma: il sentimento più antico del mondo quando in ballo ci sono soldi e successo. Jannik, per fortuna, guarda oltre: «Se fossi colpevole non giocherei così». Forse è proprio questo che non lo perdonano più.
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