Seb ci prova, ma Lewis vola È un lampo quasi mondiale

Vettel brucia al via Hamilton, cede, si riprende, poi Kimi gli lascia il posto. Per l'inglese festa rimandata

Seb ci prova, ma Lewis vola È un lampo quasi mondiale

Povero Seb. Deve far effetto ritrovarsi a gioire senza vittoria. Felice, forse, solo nell'animo, per aver raggiunto l'obiettivo minimo chiesto dal proprio presidente poche ore prima del via. Sì, deve far effetto Seb, sapere che avresti voluto essere qui, ora, a brindare sul podio per un secondo posto e un mondiale sempre più tuo e invece sei costretto a sorridere e far festa osservando questo mondiale che diventa sempre più suo. Suo di Lewis Hamilton che ha vinto davanti a te e al tuo compagno Kimi Raikkonen, compagno che al giro 52, a quattro dalla fine, ti aveva ceduto posizione per contratto. Suo di Lewis Hamilton che ha centrato la vittoria numero 62 in carriera e che in questa classifica sempre più distanzia il resto del mondo avvicinandosi all'apparentemente irraggiungibile re Schumi, solitario in vetta a quota 91 successi. Suo di Lewis Hamilton al quarto successo di fila negli States, al sesto trionfo negli ultimi sette Gp stagionali che solo per colpa tua e della tua Ferrari, pasticcioni e imperfetti, non festeggia adesso il quarto titolo mondiale. Suo di Hamilton che dovrà ancora attendere e suo della Mercedes che invece non attende più e brinda al quarto mondiale costruttori di fila.

Povero Seb, partito bene, sorpassando alla prima curva Lewis, e tramortito poi, dopo il controsorpasso dell'inglese e, soprattutto il pit stop (passaggio da gomme ultrasoft a soft), quando la sua Ferrari è cambiata, quando la strategia avrebbe dovuto portarlo a fine gara e invece d'un tratto la sua grinta si è assopita e la Rossa è diventata inguidabile, quando il suo compagno Kimi Raikkonen, partito come un pilota bollito, invece, all'improvviso sulle stesse gomme si è rianimato. Povero Seb, costretto ad assistere a lungo e impotente alla gara più bella dell'anno del compagno finlandese e a certificare con la propria, di gara, che tutti i sogni che contano se ne stavano andando tranne quello di tenere vivo il mondiale, che poi era proprio l'obiettivo minimo chiesto dal presidente Marchionne poche ore prima. «Ho parlato con Maurizio e Sebastian - aveva infatti detto il numero uno del Cavallino -, e il nostro obiettivo è adesso quello di provare a tenere in vita le speranze nel campionato...». E' vero, aveva poi aggiunto, «non ci attende un'impresa facile perché la possibilità di farcela e inferiore al 50 per cento, ma la Ferrari non si può arrendere». Missione compiuta, però...

Però, povero Seb. La Ferrari non si è arresa. Lui per un po' di giri è sembrato di sì. Fino a quando il secondo pit stop al 39° e il passaggio alle gomme super soft l'hanno rianimato. A quel punto il tedesco è parso rinascere, prova ne siano il giro veloce e il bellissimo sorpasso che, complice il frenatone di compagno Kimi, gli hanno consegnato il secondo posto.

Ha vinto Hamilton, dunque, che scherza con Usain Bolt e viene premiato da Bill Clinton, ha vinto la Mercedes che manda sul podio l'ex ferrarista Allison a ritirare il trofeo costruttori e pare quasi un dispetto, hanno vinto a loro modo una strana Ferrari e uno strano Vettel che hanno saputo tenere vivo il mondiale ancora per un po'. Anche se, ammettiamolo, ad aver vinto più di tutti è stato Max Verstappen: da sedicesimo a terzo, con sorpasso da urlo su Raikkonen all'ultima curva per il gradino basso e però punito con 5 secondi sul tempo totale per aver tagliato un po' troppo, per cui alla fine quarto. «Ho scherzato con Seb», aveva confidato Marchionne prima del via, «ricordandogli che l'ultima volta che sono venuto a trovare il team in Ungheria abbiamo poi vinto. Se qui dovesse accadere lo stesso, magari cercherò di esserci anche in Messico la prossima settimana». Ecco. Non è andata proprio così. Diciamo, quasi.

Due ferraristi sul podio e Raikkonen costretto a vanificare la propria gara per la ragione di stato sembrano la fotocopia di Budapest. Sembrano. Questa è l'unica vera somiglianza. Però l'obiettivo minimo è stato raggiunto.

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