Cosa sarà mai un anno santo? Chiedetelo allo sport italiano, qualcuno lo spiegherà. Ma ci sono tre foto che vanno oltre lo sport. L'abbraccio fra Vialli e Mancini, vinto l'europeo di calcio. Tamberi e Barshim che si dividono l'oro del salto in alto. Tre ragazze italiane, Ambra Sabatini, Martina Caironi, Monica Contrafatto, sul podio paralimpico dei 100 metri: una bellezza. Bellezza delle teste che le hanno guidate. Con loro un movimento che potrebbe raccontarsi nella frase di John Hume, scelta da Simone Barlaam, altro campione paralimpico: «La differenza è l'essenza dell'umanità».
Presidente Pancalli, quale foto sceglie?
«Non posso non dire: le tre ragazze. Rappresentano l'iconica spedizione di un podio tinto d'azzurro. Interpretano l'essenza del nostro movimento ma sia Ambra, sia Monica sono state ispirate dalla storia di Martina e questo racconta il senso di una circolarità dove uno ispira l'altro. Però mi piace molto anche l'abbraccio fra Mancini e Vialli. È iconico di qualcosa oltre lo sport: la storia di una amicizia, un loro percorso».
Luca Pancalli è il presidente del comitato paralimpico italiano, grande atleta sia stando sulle gambe, sia quando si è dovuto sedere in carrozzina per la caduta in una gara di pentathlon moderno: lesione spinale e paralisi. Ed è l'ideale condottiero sempre in testa al gruppo.
Allora anno santo anche per voi?
«L'idea ci sta. Anno da record: 69 medaglie a Tokyo lo dimostrano, il miglior risultato di sempre. La più numerosa delegazione di ogni tempo, c'era molto rosa con più atlete che atleti, e primato di esordienti. Ora speriamo nei giochi invernali di Pechino, seppur con le difficoltà del periodo: sono scaramantico e ottimista».
Al di là di Bebe Vio e del trio da podio, qualche nome
«Ci sono personaggi tali anche per i social, altri meno. Direi Barlaam, campione del futuro, una bella testa, Stefano Raimondi, Carlotta Gilli e Giulia Terzi. Per la prima volta eravamo presenti ai Giochi in 11 competizioni su 23. È rimasto il rammarico degli sport di squadra. Mi aspetto molto dal volley, il basket ora farà i mondiali. Nello sci penso a Bertagnolli, portabandiera olimpico. Siamo andati a podio, dopo 25 anni, nel tiro a segno, dopo 20 anni nello judo. Frutti di lavoro più che decennale».
Il mondo paralimpico racconta tante scelte di vita
«Al di là di grandi atleti e atlete, siamo tutti portatori sani di storie umane. Gente con forza di volontà e resilienza, termine di moda ora ma che conosciamo bene. Ragazzi che non si sono fermati di fronte a difficoltà di una vita che ti stoppa. Un insegnamento per tutti. E penso a Giulia Terzi: 10 giorni dopo aver vinto medaglie a Tokyo, si è laureata in giurisprudenza. C'è un livello molto alto di percorsi individuali. I ragazzi sono l'avamposto, dietro c'è tanto della famiglia, società sportive, volontari, tecnici».
Bebe Vio ha una bella famiglia alle spalle
«Quando li ho conosciuti, sono rimasto impressionato dai genitori prima che da Bebe. Lei è una forza travolgente per carica, freschezza, vitalità, ironia. Ma la famiglia».
Tre parole: compassione, commozione, rivoluzione...
«Non vogliamo compassione, ma comprensione. Non commuovere ma smuovere le coscienze per aver uguali diritti. E certo rivoluzione: rivoluzionari sotto il profilo culturale».
Questi ragazzi hanno trovato una luce in fondo al tunnel?
«Direi che, attraverso lo sport, hanno acceso una luce nelle loro vite. E magari servirà a tenere accesi gli interessi quando si spegneranno i riflettori. Com'è capitato a me: lo sport mi ha insegnato tanto».
Da ex del pentathlon, trova giusto cancellarlo dai Giochi?
«Anche se mi ha tradito per la vita, sono romantico e provo dispiacere: una ferita. E penso che lo inventò De Coubertin. Però mi rendo conto che bisogna stare al passo con i tempi, giusto riconoscere gli interessi dei giovani. Invece non credo sia giusto eliminare discipline, lotta, pesi, boxe, che hanno fatto la storia dei Giochi. Forse sto invecchiando».
Chiuso Tokyo, avete chiesto: non abbandonateci. Risultato?
«Finora il successo continua, vedo atleti chiamati in lungo e in largo per il Paese. Possiamo cavalcare l'onda e veder riaccendere i riflettori anche grazie alla concomitanza di Giochi estivi e Giochi invernali ravvicinati».
Cosa la inorgoglisce?
«Il fatto che il comitato paralimpico italiano sia un punto di riferimento organizzativo anche all'estero. Un case history che viene studiato. Ad Atlanta eravamo al 32° posto nel medagliere, ora siamo 9°. E dal 1° gennaio anche gli atleti paralimpici entreranno nei corpi di Stato e di polizia: un passo in avanti sociale e culturale. Grande conquista attesa 15 anni».
Detto da lei: invecchiando diventiamo tutti disabili. Ovvero?
«Il Paese sta invecchiando e tutti avremo problemi di mobilità. Sei giovane e non ti tocca, ma quando invecchi diventi disabile: sulle scale, per scendere e salire da un marciapiede, oltrepassare un ostacolo. Con luoghi più accessibili, si potrebbe invecchiare meglio. Lo vivo in prima persona. La politica dovrebbe pensare ad un welfare attivo che metta al centro lo sport. Investire sullo stile di vita significa risparmiare sui costi socio sanitari».
Ultimo pensiero per Alex Zanardi, vostro simbolo
«Nel nostro firmamento e per l'immaginario collettivo,
Alex ha reso visibile l'invisibile: noi diciamo cose, ma è lui a farle ascoltare al mondo. Nessun uomo merita due sfide così grandi nella vita. Il Signore, ancora una volta, lo ha messo alla prova. Facciamo il tifo per lui».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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