Non è più tempo di esperimenti e laboratori. Gioca l'Italia, quella vera si dice, contro la Polonia, è Nations League fastidiosa e inopportuna come l'avviso di una raccomandata ma si deve scendere in campo e vincere. Per evitare di partire per Sarajevo e affrontare la Bosnia Erzegovina con la paura addosso di uscire dall'Europa buona. Capita, dunque, che la nazionale torni a solleticare e a concentrare l'attenzione finora dedicata a faccende condominiali, le richieste dei club sul limite dell'esaurimento finanziario, la contemporanea esibizione del nuovo aereo della Lazio, i lamenti di un laziale che chiede soldi arretrati, altri casi di asintomatici. Ma stasera tutto questo, almeno per un'ora e mezza, dovrà essere messo da parte.
Eppure partiamo con l'handicap, niente pubblico, niente cittì e niente Immobile mentre di fronte i polacchi schierano il centravanti più forte al mondo, Robert Lewandowski, uno che ha vinto campionati, 1 in Polonia, 8 in Germania e che ha realizzato finora 503 reti, 63 delle quali con la maglia della nazionale, record assoluto (in azzurro il primato resta quello di Gigi Riva con 35 gol). Fatta la premessa dovremmo allora preoccuparci, il valore dell'avversario e i nostri limiti generazionali contemporanei. Le assenze per infortuni e virus sono nuvole grigie sulla testa di un gruppo che non ha un leader e che fatica a individuarlo. La crisi generazionale si trascina dal duemila e sei, ultimo traguardo illustre ottenuto dai nostri con il mondiale. Se si dovessero mettere a confronto i convocati di allora e quelli di oggi non ci sarebbe partita, anzi non c'è partita ma Roberto Mancini, da remoto o in presenza non cambia, sa benissimo che di nostalgia non si campa e servono sangue, sudore e lacrime per tornar a essere l'Italia di prima e di sempre, a parte la fantozziana parentesi Ventura.
Agli assenti si sono aggiunti Kean che è tornato a Parigi per il solito problema fisico, Gagliardini rispedito a casa con il dubbio del virus e Bonucci col muscolo dolorante della coscia che ha provato fino all'ultimo ad esserci per la presenza numero 100 in carriera, arrendendosi solo ieri sera. I quattro davanti a Donnarumma saranno Florenzi - Acerbi - Bastoni - Emerson Palmieri e in mezzo al campo, il metronomo Jorginho che non esalta mai, Barella che corre, sbuffa, inforca e spinge anche quando dorme e Locatelli che rappresenta l'unica luce tecnica della squadra, alle spalle di Belotti e Insigne con il mistero Bernardeschi a oscillare come gli riesce. Ho messo assieme gli undici per ribadire il peso e il potenziale di questa squadra contro la Polonia, questi sono e da questi dobbiamo tirare fuori il massimo, non soltanto il meglio.
Badando alla partita che ci precederà, quella alla Johann Cruyff Arena
tra l'Olanda e la Bosnia. Non vorremmo ritrovarci lunedì a stampare manifesti iettatori, in vista del successivo impegno a Sarajevo. Fatta l'Italia ora bisogna fare gli italiani, da D'Azeglio a Mancini non c'è differenza.
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