Tutti pronti a tornare in campo o tutti pronti al rompete le righe? Mercoledì dovrebbe essere il giorno decisivo: sarà il giorno della decisione del Governo sulla ripresa degli allenamenti in base al protocollo redatto dalla commissione medica della federcalcio e già sul tavolo dei ministri Spadafora e Speranza. E ieri sera a Che tempo che fa, il presidente della Figc Gravina si è portato avanti: «Non posso essere il becchino del calcio italiano, la responsabilità di fermare la stagione la lascio al Governo». Sul protocollo, decisamente impegnativo checché ne dica lo stesso Gravina, il silenzio dei presidenti della serie A. Gli ultimi dei mohicani, quelli che non si sono ancora arresi all'idea di dichiarare chiusa la stagione, come hanno già fatto tutti gli altri sport e come ha fatto in queste ore anche la nostra serie C, fortunatamente rimasta con i piedi per terra, oltre che con le casse semivuote.
Ieri ha rotto il silenzio Paolo Scaroni, e questa è già una notizia, visto che ultimamente il presidente non è mai intervenuto nemmeno sulle turbolenze della propria squadra. Ed ha rilasciato una dichiarazione ufficiale all'Ansa per dire una cosa di buon senso, ma che può sinceramente valere tutto e il contrario di tutto: «La ripresa della stagione calcistica viene decisa dagli sviluppi della pandemia e, in funzione di questo, dalle autorità. Il Milan è una società di calcio, la cui vocazione primaria è giocare a calcio. Se ci sono i presupposti di sicurezza e salute, siamo a favore della ripresa della stagione sportiva». Già, chi non lo sarebbe in condizioni di sicurezza? Forse qualcuno dei suoi colleghi che comunque, sotto sotto, spera di mandare a monte una stagione che ha preso una brutta piega. Ma da giorni nessuno si esprime ufficialmente. A parte qualche uscita estemporanea di Cellino (che ha anche annunciato di aver contratto il virus e di averlo scoperto da un test sierologico), e il solito Lotito che parla in continuazione per interposta persona (il portavoce Diaconale), gli altri si sono disciplinatamente chiusi in casa in ottemperanza alle disposizioni governative e non mettono fuori nemmeno la voce. Ad esempio l'Agnelli pensiero è stato ricostruito con un like d'approvazione al messaggio di un tifoso che consigliava di rifiutare un eventuale scudetto a tavolino.
Ufficialmente siamo rimasti alle baruffe di un mese fa subito dopo la sospensione del campionato. Siamo rimasti alle scintille tra Agnelli e il duo Lotito-De Laurentiis nelle riunioni di Lega Calcio, per non dire dell'epiteto poco elegante (il famoso «pagliaccio») con cui l'interista Zhang apostrofò il presidente della Lega Dal Pino, un altro desaparecido del momento. Restano sul campo il botta e risposta tra Gravina (preoccupato di chiudere la stagione in ogni modo per terrore dei ricorsi e per salvare i diritti tv) e Malagò (che appare più scettico e su posizioni vicine al resto dello sport).
In mezzo il Governo e un protocollo imbarazzante, che vedrebbe centinaia di tamponi ripetuti a raffica a tutti i calciatori di serie A e alle loro corti, mentre ci sono ancora centinaia di medici, paramedici, forze dell'ordine, tranvieri e cassieri dei supermercati che aspettano. Per non parlare di chi ha in casa un contagiato e non viene a sua volta testato... Forse l'immagine del calcio non ha bisogno di questa ennesima ritoccatina.
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