"Sogno la Liga con il mio Mirandes. Io, italiano, ho scelto la stabilità spagnola"

Intervista ad Alessio Lisci, allenatore del club secondo in serie B: "Piedi per terra"

Alessio Lisci
Alessio Lisci
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Miranda de Ebro

Non si vive di solo Ancelotti in Spagna per quanto riguarda gli allenatori italiani in terra iberica. E se il buon Carletto è in difficoltà con il Real Madrid c'è un altro tecnico, molto meno conosciuto, che sta andando con il vento in poppa: è Alessio Lisci, romano 39enne secondo in classifica nella Serie B spagnola con il Mirandés, reduce addirittura nell'ultimo weekend dal colpo in casa della capolista Santander. Un tipo sveglio e preparato dalla strana formazione più iberica che nostrana, anche il modo di parlare tradisce ormai una lunga militanza in Spagna.

Lisci, come ci si sente in alta quota? Si può sognare in grande?

«Preferisco rimanere con i piedi per terra. Anche nella passata stagione chiudemmo il girone d'andata (21 partite, ndr) a metà classifica con 28 punti, poi però ci siamo salvati solamente all'ultima giornata».

Quest'anno però alla grande, miglior partenza di sempre nella storia del Mirandés.

«Sinceramente non me l'aspettavo anche perché la rosa è stata costruita negli ultimi giorni di mercato, con vari prestiti dalle squadre qui della zona. Questa però è la filosofia del club, che non ha grandi fondi e quindi ogni volta riparte quasi da zero».

In Italia però il suo nome non è conosciuto.

«Ho fatto il corso Uefa-B a Taranto e basta, ma mi sono formato a Las Rozas, qui in Spagna. Però quando vivevo in Italia ho lavorato nel settore giovanile della Lazio e intanto allenavo una squadra locale in zona Roma. Ma la mia formazione calcistica è quasi tutta spagnola».

Che tipo di basi ha avuto?

«Ho studiato Scienze Motorie e mi sono specializzato nella preparazione atletica, o meglio vedevo quello come il modo di entrare nel mondo del calcio. Poi ho fatto un tirocinio con il Levante, la seconda squadra di Valencia, e piano piano sono diventato un allenatore».

Lei infatti ha allenato già nella Liga.

«Sì, da subentrante dopo tutta la trafila delle giovanili; 23 partite con il Levante tra dicembre 2021 e maggio 2022. Non riuscimmo a salvarci, è vero, però con me facemmo 28 punti segnando 38 gol, quinto miglior attacco del campionato».

Però adesso con il Mirandés avete la miglior difesa in Segunda, 12 gol subiti appena. Cosa è cambiato?

«Dipende sempre molto dal materiale umano a disposizione. In quel Levante avevo molti giocatori creativi, mentre qua è diverso. Difensivamente parlando però l'Italia è sempre un passo avanti».

Romano, influenze calcistiche capitoline?

«Mio padre era uno zemaniano di ferro, ho visto tantissime partite da piccolo sia della Lazio che della Roma. Poi avendo io radici anche alle Isole Tremiti frequentavo Foggia quando l'allenatore era De Zerbi».

E De Zerbi è oggi uno dei suoi modelli?

«Lui secondo me è un grande tecnico, l'ho anche copiato al Levante. Vado molto a momenti, in realtà, sono passato dalla difesa a 4 a quella a 3, come adesso, e in fondo cerco di essere duttile. Poi, diciamocela tutta, il risultato lo devi portare a casa e in tal senso non puoi prescindere da assicurazioni sulla vita come Ancelotti o Allegri».

Se chiamassero dall'Italia come si comporterebbe?

«Accetterei solamente quei progetti in grado di darmi stabilità e tranquillità, come il Mirandés.

Non che sbagli due partite e sei già in discussione o esonerato. Ma sono sicuro che allenerei in modo diverso rispetto a qua, dove anche l'allenamento è più rilassato rispetto che in Italia. Qua poi anche le squadre-B sono strutturate molto meglio che lì».

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