Si sono conosciuti quasi 30 anni fa. Alberto Albi Tebaldi aveva 24 anni, Valentino Rossi 14. «Mi ricordo la prima volta che Vale è venuto con noi al Mugello. Eravamo accampati alla curva Casanosa-Savelli con una tendina in plastica gialla. Quattro giorni di corse, cori e rock and roll», ricorda Albi, insieme con Alessio Uccio Salucci, uno degli amici storici del Dottore che hanno seguito tutta la sua carriera: dai primi passi nel campionato italiano Sport Production alla vetta del mondo. Nel mezzo 115 vittorie, 235 podi, 9 titoli mondiali e 26 stagioni. Quando Rossi ha annunciato il ritiro la settimana scorsa in Austria, Albi era presente in conferenza, con lui anche Uccio, Max, e gli amici di una vita.
Ventisei stagioni ai massimi livelli, 26 come gli anni di Franco Morbidelli, pilota dell'Academy e compagno di squadra di Valentino Rossi. Che effetto fa?
«È incredibile. Ci sono piloti in griglia che non erano neanche nati quando Rossi ha iniziato a correre nel Mondiale nel 1996. Basta un nome: Fabio Quartataro, l'attuale leader del Campionato. Già questo fa capire la grandezza di Vale. Senza pensare ai risultati».
Come avete vissuto la decisione di Valentino di ritirarsi?
«Non è stata una doccia fredda, perché ne avevamo parlato tante volte. Vale condivide molto e ci ha sempre reso partecipi ma questa è stata una decisione molto personale».
Cosa speravi nel tuo cuore?
«Massimo rispetto per quello che ha deciso, anche perché è stato fedele a ciò che aveva detto. In questo sport contano i risultati e Vale ha fatto la sua scelta. Chiaro che ci spezza il cuore e che vorremmo vederlo in pista ancora per molto, anche perché siamo certi che il suo potenziale non è quello che riesce ad esprime in pista oggi. I distacchi tra i piloti si sono talmente ridotti che tutto deve girare alla perfezione. Ci sono stati anche 15, 16 piloti racchiusi in un secondo, cosa che solo qualche anno fa non capitava. E poi c'era il sogno di vederlo correre con Luca, il fratello».
Che cosa ti è passato nella mente quando Valentino ha annunciato il ritiro?
«Tante emozioni, da quel nostro incontro al Mugello ai circuiti di tutto il mondo. È stato un concentrato di vita: trent'anni di corse in cui ogni appuntamento del nostro gruppo di amici, dai fidanzamenti ai matrimoni alla nascita dei figli, tutto scorreva intorno ad una costante: Valentino Rossi in pista».
Da Novembre non sarà più così.
«Adesso ci viviamo il momento, la voglia di Vale di continuare a migliorarsi e fare delle belle gare. Ora tutto sembra come prima. Valencia, l'ultimo Gp della stagione, quello sarà duro».
Cosa ci riserva il futuro?
«Vale ha già detto che il prossimo anno continuerà a correre, ma in auto. È una passione che coltiva da tanto. Ci sarà da divertirsi comunque».
C'è il progetto della 24 Ore di Le Mans, quando una sua partecipazione alla mitica Parigi-Dakar?
«Non credo, anche perché Valentino si sente a suo agio tra i cordoli».
Lo vedi team manager del team VR46 in MotoGP?
«Non lo vedo venire tutti i giorni in ufficio alle 8! Più che team manager, Valentino rappresenta la proprietà. Con lui condividiamo le scelte strategiche».
Valentino capo?
«È come in pista: meticoloso, attento ad ogni dettaglio, concentrato sulle cose positive e amante di tutto quello che fa. È una passione contagiosa e tutti in VR46 abbiamo adottato la sua straordinaria filosofia di vita».
Nonostante sia una star a livello planetario, Rossi è sempre rimasto con i piedi per terra. È forse anche questa splendida normalità il segreto della grandezza di Valentino?
«Rossi ha avvicinato con la sua freschezza, passione cristallina e straordinaria normalità le persone di tutto il mondo. Con la sua empatia ha fatto innamorare del nostro sport milioni di fan: dai babbi, ai bambini alle nonne. Non solo gli smanettoni, anche in questo Vale è immenso. E non è finita qui perché stiamo lavorando a tantissimi progetti».
L'Academy?
«L'Academy, una sorta di nazionale italiana delle due ruote, e non solo. A fine anno sveleremo i nuovi progetti».
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