Gli basta il Giau, per spiccare il volo, per far vedere di che pasta è fatto e soprattutto far capire che con il Fedaia e il Pordoi forse il Giro sarebbe già anche chiuso. Non che adesso ci sia tanto da fare, la sensazione che si ha è quella che da adesso in poi si corra solo per il secondo posto, con un Egan Bernal in formato Pantani (il colombiano è nato il 13 gennaio, proprio come il Pirata).
Forse, visto come va, è meglio così: Giro ipotecato, ma non chiuso. Egan perde almeno 5 per sfilarsi poco prima del traguardo la mantellina e mostrarsi al mondo in favore di telecamere con la sua bella e immacolata maglia rosa. Questo ragazzo non solo doma le montagne, ma controlla anche le emozioni: gambe e testa, nel rispetto il simbolo del Giro. Chapeau!
Gli è sufficiente mezzo tappone a disposizione, perché l'altra metà lo cancellano gli organizzatori in accordo con i corridori che temono le discese ghiacciate sul Fedaia e il Pordoi. Tappa più corta di sessanta chilometri, con Crosetta all'inizio e Giau (cima Coppi 2233 metri) nel finale. Vince in perfetta solitudine il colombiano volante. Poi c'è lui, il nostro vessillo tricolore, il 33enne siciliano di Ragusa Damiano Caruso, che neppure partito per far classifica, fa molto meglio di chi si era presentato al via di Torino con ben altre ambizioni e ben altra prosopopea. Ora il nostro è secondo nella generale a poco più di due minuti dal colombiano in rosa.
In questa tappa accorciata e illuminata dalla grandezza del trionfatore del Tour 2019, si corre però al buio. Nel senso che la frazione di ieri, ridotta e rimpicciolita per questioni meteo, mette ko anche le immagini Rai che non riescono a rendere visibile il racconto. Bravi Francesco Pancani e Giada Borgato, ancora di più Davide Cassani e Stefano Rizzato che dalle loro rispettive postazioni in moto, raccontano la corsa come ai tempi di un ciclismo che fu: con una narrazione radiofonica in attesa delle immagini che arrivano ad intermittenza e che lascia gli appassionati parecchio con l'amaro in bocca.
Dietro a Bernal solo Bardet con il nostro Caruso ad una manciata di secondi, poi solo macerie: Vlasov che litiga anche con la mantellina che gli finisce nella ruota ai piedi del Giau, si difende come può. Il britannico Simon Yates, che dovrebbe attaccare per primo, è il più veloce a staccarsi. E Nibali? Parte, nonostante il polso così così e le costole dolenti. Alla fine sta in fuga tutto il giorno e fa la sua più che onorevole figura.
Oggi il Giro riposa, domani si riprende a salire, verso l'inedito arrivo posto a Sega
di Ala, un traguardo in quota tutt'altro che banale. Il Giro non è finito, ma chiaramente ci sembra sfinito e stanco. Provato sotto i colpi di pedale di Egan Bernal, che non ha ancora vinto, ma solo lui ormai può perdere.
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