Tsunami Pep sull'euro calcio Dall’Inghilterra all’Italia quanti orfani del genio

Chi rischia e chi sogna: Milan, Chelsea, Inter, ManCity... L’addio del blaugrana avrebbe potuto innescare un vorticoso giro di allenatori. Ora bisogna rifare i conti

Tsunami Pep sull'euro calcio Dall’Inghilterra all’Italia  quanti orfani del genio

Che il valzer delle panchine abbia inizio. Apre le danze Pep Guardiola. Il destino ha voluto che il gran cerimoniere sia proprio il tecnico campione del mondo in carica, che lascia il Barcellona dopo quattro anni di (tante) spettacolari vittorie e (poche) delusioni. Sofferta, ma prevedibile, la decisione dell'allenatore catalano, comunicata in una conferenza stampa densa di lacrime.

Piangono i giocatori, piangono i dirigenti. Occhi lucidi anche per Pep, che giustifica la scelta con l'accumulo di pressione dovuto alle battaglie vissute sul campo. Ha raggiunto il limite di sopportazione, Guardiola. E ha deciso di fermarsi. Probabilmente si prenderà un anno sabbatico. «Il calcio non è tutto e io sono per prima cosa l'allenatore della mia famiglia», il commiato.

Chissà se qualcuno gli farà cambiare idea da subito. Lui stoppa subito le voci di mercato. «Non ho avuto incontri con Abramovich, sarebbe stata una mancanza di rispetto verso il Barça». Niente Chelsea, dunque, specialmente se il nostro Bob Di Matteo dovesse alzare per la prima volta nella storia dei Blues la coppa dalle grandi orecchie. Ma ci sono altri paperoni disposti a coprire d'oro Pep per vederlo sedere sulla panchina del proprio club.

Due li abbiamo in casa nostra. Silvio Berlusconi si è portato avanti, presentandosi in prima persona al cospetto di Guardiola in occasione dei quarti di finale di Champions giocati a San Siro. Mistero intorno al dialogo tra il patron rossonero e il tecnico. Ma un Guardiola a spasso non può lasciare indifferente un amante del bel calcio come il Cavaliere.

Specie se del Milan attuale c’è poco da stare Allegri. L’allenatore livornese è sulla graticola. Senza scudetto rischia seriamente il ben servito. Guardiola è il sogno, la realtà invece potrebbe essere Fabio Capello. Magari affiancato da uno della vecchia guardia dell'era berlusconiana o, se Galliani riuscirà a lavorare di diplomazia presso il presidente, dallo stesso Allegri.

L'altro fan milanese di Pep è Massimo Moratti, che ha espresso più volte pubblicamente il suo gradimento per lo stile Guardiola. Il patron dell'Inter ha smentito ieri le voci sul ritorno di Leonardo. Mentre è apparso decisamente meno categorico sulla permanenza di Stramaccioni. Il ragazzotto romano si giocherà le chance nel rush finale della corsa Champions. Se centrasse l’obiettivo, sarebbe difficile metterlo alla porta. Altrimenti, avanti il prossimo. Che potrebbe essere Marcelo Bielsa, la cui forte candidatura per la guida del Barcellona è caduta ieri dopo le parole di Sandro Rosell: «Il futuro blaugrana è nelle mani di Tito Villanova», il vice di Guardiola assurto alle cronache per essersi preso una ditata nell’occhio dal cattivissimo Mou in un Clasico a inizio stagione.

A proposito dello Special One, dopo la bruciante sconfitta in semifinale di Champions con il Bayern il portoghese ha annunciato di voler rimanere a Madrid. Ma alle sue condizioni: via il medico sociale, carta bianca sul mercato e pieni poteri nella comunicazione esterna. Insomma, prepariamoci a un Real Mou al cento per cento.

Un pensierino alla panchina del Barcellona lo aveva fatto anche Luis Enrique, ormai depresso dalla vita romana. Le critiche dei tifosi e i risultati deludenti stanno convincendo Lucho a scappare dall'Italia. Ma prima occorre aprirsi una via di fuga. Già, ma dove? Magari a Valencia, dove stanno pianificando il dopo Emery.

E poi c’è l’incognita Antonio Conte, a rischio di ipotetica sospensione qualora venisse coinvolto - solo per omessa denuncia ai tempi del Siena - nella questione calcioscommesse. In quel caso potrebbe allenare a Vinovo ma non sedersi in panchina.

In Inghilterra anche Roberto Mancini non se la passa benissimo. C'è il pericolo di concludere la stagione con zeru tituli. Uno scenario che non sarebbe accettato di buon grado dallo sceicco Mansour.

C'è infine chi si gode le piroette degli altri restando fuori dalla pista da ballo. È il buon vecchio Ferguson. Lui la parola esonero non sa nemmeno che sia.

E di mollare non ci pensa proprio. Almeno finché i divieti dell'inflessibile Cathy gli renderanno impossibile la vita tra le mura di casa. Meglio le bizze di un bad boy come Rooney che i rimbrotti della moglie. Che volpone quel sir Alex.

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