Due mesi di calcio e 12 partite certificano l'Inter in zona rossa: lockdown dei sogni e distanziamento dagli obiettivi. Un filo tiene i nerazzurri aggrappati alla speranza Champions, la sfida di domani pomeriggio a Reggio Emilia col Sassuolo, se persa, ratificherebbe la crisi. Bufera nerazzurra. «C'è da lavorare tanto: se non mangerò il panettone, si vede che non l'avrò meritato»: l'acido commento di Conte, mentre incassa il primo trofeo della sua avventura in nerazzurro, il Tapiro di Striscia la Notizia.
Incredibile da credere per chi ad agosto ha chiuso a 1 punto dalla Juventus ed è arrivato con merito alla finale di Europa League. Dal carro di Conte sono scesi rapidamente in molti, quasi tutti. Adesso il tecnico è il bersaglio: il tiro a segno può cominciare. E allora Vidal a 33 anni, da riserva del Barcellona non è più il fenomeno che avrebbe cambiato l'Inter, come poteva?, ma un giocatore sul viale del tramonto, che ha tradito il suo mentore nell'occasione più importante. In verità, di Vidal in 10 partite da titolare più 2 spezzoni, non si ricorda nulla di degno del suo stipendio (6 milioni netti), ma solo errori, come quelli costati il pareggio col Borussia, 2 punti persi che ora pesano anche più della doppia sconfitta col Real. Il cileno sarà multato per l'espulsione di mercoledì, ma continuerà a giocare, pur senza meritarlo. Così come Eriksen continuerà a guardare gli altri, almeno finché non toglierà il disturbo. Un flop, il vero fallimento della gestione Conte. Entrato nel mondo Inter (e al Teatro alla Scala) dalla porta principale, Eriksen è diventato rapidamente un indesiderato intruso. I 4 minuti contro il Real e sullo 0-2 sarebbero stati un insulto anche se non fossero stati i primi del danese nell'intero mese di novembre, così invece sono anche inutile provocazione ed esercizio di forza non richiesta. Lasciare Eriksen in panchina, la sera in cui non hai nemmeno Brozovic (tornato negativo al covid), puntando su Gagliardini e Barella, significa rinunciare a giocare, denunciando limiti anche tattici. Solo un anno fa, l'Inter ha pagato 22 milioni un giocatore in scadenza: o ha sbagliato Marotta a prenderlo, ma è improbabile, o sta sbagliando Conte a utilizzarlo poco e male. Non averlo inserito a dovere in uno scacchiere nemmeno definito, resta colpa gravissima che contribuisce addirittura ad alimentare improbabili nostalgie dei tifosi per Spalletti (per la cronaca, ancora sotto contratto con l'Inter). Conte non rischia il posto, ma è molto teso. «È una domanda stupida», replica all'inviato di Striscia che gli chiede se ha l'impressione che la squadra gli stia giocando contro.
E ha ragione, perché contro gli giocano soprattutto i numeri in Europa come in campionato. Profondo rosso, come quello del club (100 milioni) che sarà ratificato dall'assemblea odierna, mentre i giocatori hanno accettato di incassare a febbraio gli stipendi (interi) di luglio e agosto.
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